FORTE & CHIARO – Mensile del Medio Friuli – marzo 2017
il centro di Codroipo, non ha sentito una stretta allo stomaco vedendo le vetrine con carte a brandelli, penzoloni,
con nemmeno più la scritta Affittasi o Vendesi. A me è successo e, ancor di
più, dopo il tragico fatto disperato, avvenuto proprio in un negozio da poco svuotato.
Dopo che un marchio che a Codroipo aveva dato lustro ha chiuso i battenti,
lasciando nudo e crudo l’ampio locale di Via Candotti. Camminando a passo lento ho guardato dentro
quelle vetrine che fino a poco tempo fa luccicavano di capi di abbigliamento di
qualità. Ora, a farla da padroni, sono i
muri scrostati, i fili dell’aria condizionata e i fari appesi al soffitto.
Stessa cosa sull’altro lato di Via Candotti, all’angolo che conduce in Via
Piave. Le vetrine vuote gridano vendetta.
Proseguendo verso Piazza Garibaldi ecco altri negozi chiusi e poi altri, fino all’ex
Casalinga. Ho chiesto ad alcune persone che, come me, guardavano quelle vetrine
con espressione rattristata, che cosa ne pensassero. “ Tristezza atomica” mi ha risposto una giovane mamma con il suo
bambino per mano. ” Disperazione” la
frase di una signora in passeggiata. Che Codroipo versi in uno stato di torpore
è sotto gli occhi di tutti.
Comune? E i commercianti? E il singolo cittadino?
lancia verso le istituzioni. Sicuramente c’è ingegno e creatività all’interno. Ci
sono anche compagini di liberi cittadini che si ritrovano e ne parlano. Uno tra
i tanti è il gruppo “Fare Comunità” che si sta prendendo a cuore questo e altri
punti dolenti del codroipese. Quanto ai liberi cittadini posso dire che i
pareri sono contrastanti. Ci sono quelli cui poco importa di come vadano le
cose perchè, tanto, preferiscono andare ai vari centri commerciali a fare la
spesa, a cena e a pranzo, perché c’è maggiore offerta e scelta. Ci sono altri che ormai, con un click, si
fanno arrivare tutto a casa e, di fatto, i camion dei vari corrieri si fanno
notare sulle strade di Codroipo con la loro nutrita presenza. Altri ancora sono
affezionati ai piccoli negozi e preferiscono acquistare qui perché lo ritengono giusto, familiare e ci
tengono a lasciare il loro denaro in zona. E poi ci sono i negozianti che alzano ogni
giorno la loro saracinesca. Con quella caparbia risolutezza che li porta ad
agire con onestà, a pagare tutte le tasse richieste da papà Stato, risicando il
proprio stipendio pur di andare avanti credendo nel valore del LAVORO. Anche a
Codroipo ce ne sono e tanti. Commercianti temerari che a oggi resistono e
tengono aperto, nonostante i tempi di questa Italia sgangherata, la crisi
europea, i molteplici problemi, il fare e disfare di molti, la voglia di
emergere di altri. E tengono duro, con il sorriso stampato in faccia, certi che
la giornata sarà migliore perché certi di dare il servizio migliore. Magari non vanno
sui giornali né vengono premiati ma possono essere da esempio e dare forza a
chi inizia e poi resiste.
di recente, la stampa locale abbia dato giusto risalto alle nuove attività
avviate da alcuni giovani. Ma ci sono anche quei commercianti, senza
distinzioni di età, che, senza aiuti
esterni, sborsando di tasca propria, organizzano
eventi, feste, giochi, occasioni di divertimento, senza tante bandiere
esposte.
parla. Né di aziende che vanno bene, sono note nel mondo, e hanno sede qui. Prendo
dal Gruppo “Sei di Codroipo se” questo commento che condivido. “Come mai si
parla solo di cose negative e non di cose positive? Come mai quando qualcuno fa
qualcosa invece di chiacchierare non viene elogiato o almeno nominato? Torniamo al discorso che a Codroipo siamo solo
capaci di criticare e non di apprezzare? Vogliamo
qualche volta applaudire e apprezzare chi FA qualcosa? Vogliamo dar spazio a questi COMMERCIANTI che
sono degni di essere chiamati tali?”. Non
voglio credere che a Codroipo si sia più
bravi a criticare che ad apprezzare. Mi auguro che la nostra città non
venga lasciata languire in una sorta di abbandono collettivo. Almeno chi qui è
nato e vi risiede e per lei nutre dell’affetto ha l’obbligo morale di fare
qualcosa affinché non diventi un deserto.
DELL’IMPRESSIONISMO a TREVISO
Santa Caterina di Treviso che espone ben 139 opere che testimoniano il periodo
dell’impressionismo, corrente artistica nata in Francia, a Parigi, tra il 1860
e il 1870 e durata fino ai primi anni del Novecento. A farla da padroni sono i grandi nomi e
interpreti, Claude Monet, Pissarro, Edouard Manet, Pierre-Auguste Renoir, Edgar
Degas, Paul Cèzanne, Van Gogh e molti altri. Un tripudio di colori
e stili di VITE rese immortali dall’ARTE. L’unica pittrice donna in mostra è
l’amante e modella di Manet, Berthe Morisot, con il quadro “Donna e la bambina
in un prato” del 1882. Ma cosa significa
“Impressionismo”? Impressione, emozione. Il contrasto di luce e ombra, i colori accesi e decisi. Pittura “all’aria aperta”, fuori dai tradizionali studi dei pittori, a
contatto con la natura e il mondo esterno. Noi dobbiamo decifrarne lo stile, il tema, l’emozione. Dobbiamo leggere l’andatura
del pennello che imprime per creare l’impressione. L’ impressionista,
infatti, svirgoletta con pennellate veloci
dal basso schizzando verso alto. Non c’è mai omogeneità né limpidezza. Il quadro appare difficile da
decifrare e bisogna spostarsi perché non
c’è il contorno né l’idea esatta della figura. Come i bambini, contorna sempre con colori
scuri, neri, marroni. Le sfumature nascono dall’accostamento dei colori. Le scene
sono realizzate senza alcun filtro, di
getto. Il pittore, lavorando all’esterno, ha bisogno di strumenti più facili da
trasportare, e così ecco nascere le tele portatili e piccoli tubetti per i
colori a olio. Ogni artista realizza le
proprie immagini a seconda del proprio
estro e impressione. Ciascuno dà vita a un percorso impressionista unico.
precursore dell’Impressionismo. Nella sua carriera, tra l’altro, dipinge alcune
scene della realtà quotidiana che ricordano
veri e propri scatti fotografici, come si può notare ne Il bar delle
Folies-Bergère ed Il balcone. Il suo è un impressionismo a tutto tondo.
Pennellate veloci, nevrotiche con l’obiettivo di cogliere velocemente la
vita.
variazione della luce, come si nota negli innumerevoli quadri sulla Cattedrale
di Rouen. Famosissima la sua serie di
opere intitolate le Ninfee, soggetto
prediletto nelle ultime fasi della sua vita.
dei precisi istanti, al pari di una macchina fotografica. I temi delle sue opere sono soprattutto occasioni mondane,
rappresentazioni musicali e teatrali ed eventi simili, fino alle ballerine, adattando e personalizzando sempre lo stile della pittura en plein air.
lavori c’è l’affollata Colazione dei
Canottieri e la raffinata Sulla terrazza (due sorelle), dove mette in pratica
la lezione impressionista sull’accostamento dei colori, dando vita a delle
tonalità molto vivide e reali nelle sue opere.
che possono essere classificate come le più innovative e rivoluzionarie. Il suo
stile, povero di dettagli, improvvisato e rapido, con poca attenzione alle
forme (e che salta subito all’occhio guardando Le grandi bagnanti). Egli ripropone la linea di contorno e spezzetta le
figure in piccole figure
geometriche. Genio incompreso del suo
tempo, scompone con la geometria, anticipando di quarant’anni il cubismo di Picasso.
dieci anni di pittura realizza 843 tele, guarda agli impressionisti con interesse per
la loro tavolozza luminosa. E’ il colore a sedurlo. In mostra i “Mangiatori di patate”, cinque
persone attorno a un tavolo con nulla nel piatto. Una terrina piena di patate, la caffettiera di peltro,
l’unico lume, l’unico quadro, l’ unico
crocifisso. Povertà, mani nodose; i
“Cipressi”, che rimandano al passaggio dalla vita terrena a quella
ultraterrena. Pennellata come vortice mentale. Tipica immagine che incanala il
modo di vedere la realtà di un artista difficile da comprendere.