IL PONTE: periodico del Medio Friuli – gennaio 2017
Benois, la 4° edizione del Grande
Concerto di Inizio Anno ha suggellato l’unione di due orchestre giovanili: l’
Orchestra giovanile “ Città di Codroipo”
diretta dal M° Giorgio Cozzutti, con la collaborazione del M° Elena
Blessano, e l’Orchestra giovanile bellunese diretta dal
Maestro Matteo Andri. Due realtà a braccetto a sottolineare come la musica sia
un bene universale.
concretizzata subito nell’aria gonfia di quella musica che sa di passione, di
sacrificio, di emozione. Musica giovane che dà speranza al mondo e all’idea di
pace che vorrebbe pervaderlo.
Musica, quella che accomuna e mai divide. Ad iniziare la pastorale per il
“Concerto della notte di Natale” made Orchestra Bellunese, diretta dal
M° Matteo Andri, seguita dalla “Marcia turca” quasi a visualizzare serpenti incantati dai
flauti, poi la Spagna vista con gli
occhi del russo Korsakof e le vibrazioni del Bolero di Ravel.
il Santissimo Natale” alla
“Marcia solenne”
dedicata da Dvorak nel 1879 a Sissi e
e Francesco Giuseppe per il loro anniversario di matrimonio. In piena
Austria, nello sfarzo di corte. sembrava di vederli i sovrani, avanzare a
braccetto tra i sudditi a far loro ala. In divisa l’Imperatore e la Sissi con ampio
abito bianco…
dunque, grazie alla musica. E che
musica!
immagini che giocano a rimpiattino
con le note e le voci degli
strumenti. Eccoli ad amplificarsi
ancora di più quando le due orchestre si sono unite. Alla direzione l’alternarsi
dei due direttori, per la Marcia Turca di Beethoven, la Danza russa
“Trepak” di Cajkovskij e la coinvolgente Polka di Johann Strauss. Doppio bis della Marcia di Radetzky con il pubblico entusiasta che batte le mani
sul tempo indicato e la netta sensazione di aver assistito a un Grande
Concerto, con Grande Musica, degna di più ampi e blasonati palcoscenici.
dell’assessore alla cultura di Codroipo, Dott. Tiziana Cividini, che vedrebbe
Villa Manin placo ideale per concerti di questa portata, magari abbinati alla
danza e ad altre realtà di pregio attive sul territorio.
MUSICA GIOVANE
grandioso per una vetrina di giovane musica nata e scritta qui, in questo
angolo del Medio Friuli, autentico vivaio di autori, ragazzi e ragazze che affidano a note e suoni le loro emozioni, le
loro paura, il loro tempo non sempre facile. Cosa che da fuori sembra facile ma non lo
è. Perché la musica è un amore che molto
dà ma molto chiede. Sacrificio, passione, ore e ore di prove, tanto studio. Perché
la musica non si improvvisa ma si costruisce. E poi ci vuole la capacità di
stare in gruppo, superando l’egocentrismo, mediando con il punto di vista di
tutta la band, condividendone lo stile e gli obiettivi. E, dopo tutto questo impegno, cercare orecchie e luoghi dove far sentire la propria
creatura musicale che non sempre corrisponde ai canoni commerciali. Che, forse,
non salirà sui palchi blasonati ma ha
tantissimo da dire, anche se è nata in provincia e se fa fatica a osare e a
mettere le ali. Un plauso quindi all’
idea del musicista caminese Marco Della Mora che ha voluto tenacemente l’anno
scorso realizzare Made in Camino. Proprio
per mettere su un bel palco, davanti a un pubblico caloroso questo tipo di
musica, quella “made in Camino”. Dopo il successo del 2015 ecco l’idea di
quest’anno, nata dal cantante codroipese Angelo Lorenzo Seretti nei giorni del
terremoto in Abruzzo. Per “aiutare questa
gente che ha perso tutto ci vorrebbe un concerto, magari di giovani
musicisti di casa nostra”. Made in Camino è nata così, con il patrocinio e
l’impegno del Comune di Camino, in primis dell’assessore alla cultura Cristina
Pilutti, della Pro Loco “ Il Vâr”, della Scuola di Musica Edma. La sera del 14
gennaio ha visto esibirsi sul palco gioiello della sala teatro ben cinque
gruppi: Reevers, Ametista Quartet, Carry and The
Same, The Gangsters, Black Sunshine e il
cantante stile Frank Sinatra Angelo Seretti. Una vetrina raffinata di vari
generi musicali, con strumentazioni inusuali come il cajon, tromba, flicorno, vibrafono e percussioni, contrabbasso e clarinetto. Ogni gruppo con il
proprio carattere e il personale modo di fare musica. Con generosità, raffinata
educazione, rispetto per i tempi di tutti, il giusto entusiasmo e la legittima
emozione. Perché ogni nota è una loro creatura, tanto preziosa perché non
conosce la gratuità né la banalità.
hanno dato linfa, Made in Camino ha vinto, come la musica e la solidarietà.
Il momento finale ha riunito sul palco i protagonisti del concerto cui
sono stati tributati apprezzamenti e consensi. Il signor Marco
Gollinelli di Radio Centro Musica ha letto i dati di ascolto in
streaming: ben 107 paesi del mondo collegati al concerto. Ultimo paese
collegato è stato la Tanzania. Solo nella provincia di Udine 25.000
ascoltatori.
consegnati alla Protezione Civile di Camino che, insieme alle somme raccolte in
altre iniziative, ha provveduto a farli pervenire nelle mani sicure della Protezione Civile dei paesi
terremotati.
RIVOLTO (UD)
doman” in lingua friulana
Botòn a Gemona, si è tenuta la cerimonia
di premiazione del X° concorso “Glemone ir, vuei e doman”, l’ iniziativa
nata nel ’97 per ricordare monsignor Pietro Londero, un uomo che in vita
s’impegnò fortemente per dare alla lingua e alla cultura friulana la dignità
che le spetta.
dell’infanzia di Rivolto si è meritata un premio, che segue la collezione di
riconoscimenti che il prestigioso concorso le ha accreditato nel corso degli
anni. Quest’anno, con il video in lingua friulana “Tunin, il
surisin” a pari merito con l’Ist.
Comprensivo di San Daniele, si è aggiudicata il terzo premio. Il lavoro documenta l’attività di insegnamento a tutti gli allievi da parte
delle docenti Paola Benedetti, Maristella Prenassi e Sandra Tassile, sempre in
prima linea per la valorizzazione della lingua friulana.
Fabretti
Bruno Fabretti, classe 1923, residente a Nimis (Ud) in Via Vittorio Veneto, 7
ha scritto per “NON DIMENTICARE” ciò che ha vissuto in gioventù. E’ il suo diario,
scritto durante le notti del suo primo lavoro dopo il rimpatrio, come guardia
giurata alla 5° O.R.A. (Officina Militare Div. Julia-Basiliano). E’ la documentazione precisa e arricchita da disegno
originali di un deportato nei lager nazisti di Dachau, Neuengamme e Buchenwald.
Soltanto dopo oltre cinquant’anni Bruno ha tolto la polvere a quel diario. Prima lo aveva sepolto nel silenzio più
totale. Egli non voleva parlare degli orrori che aveva visto, patito, sofferto
perché i fatti erano inenarrabili, terrificanti. Vissuti in prima persona,
scolpiti nella memoria come quel numero sul braccio, che ancora resiste.
G2588. Ha avuto bisogno di mezzo secolo
di silenzio per prendere il coraggio di raccontare. E lo ha fatto in televisione,
a Rai 2 da Magalli, da Maurizio Costanzo, da Massimo Giletti. Va ancora nelle
scuole a dire, a documentare come sia avvenuto realmente lo sterminio nazista.
Si commuove sempre, pur con grande sobrietà e compostezza, nel rinverdire
esperienze che aveva tenuto per sé, preferendo confidarle a un diario custodito
gelosamente.
di pubblicarlo, per timore che i giovani dicessero che i sopravvissuti
raccontano storie “come noi bambini ridevamo quando il nonno ci parlava della
Grande guerra”. Ma quale era la vita, se così si può ancora chiamare, nei
lager, per Fabretti e tanti suoi compaesani allora poco più che ventenni? “Non
si capiva niente. Si era come robot. Il mio compito era forse “privilegiato”
rispetto agli altri. Ero addetto ai forni crematori. Avevo così mezzo litro di
brodaglia in più. Dovevo prendere i cadaveri, caricarli su un carrello
speciale, metterli dentro, aspettare che si cuocessero, tirarne fuori la cenere
e portarla all’esterno”. Un particolare drammatico nel dramma “Tra i corpi un
giorno ho riconosciuto un certo Comelli del mio paese”. ancora orrore, fame e
cannibalismo. “ La notte , alcuni recuperavano i cadaveri che venivano portati
nei block e, aiutandosi con pezzi di lamette ritagliate dai barattoli, ne
mangiavano alcuni brandelli. Io non sono mai potuto arrivare a questo ma
cercavo le bucce di patate tra le latrine”.
prigionieri erano abbandonati a se stessi in un campo circondato da filo
elettrificato. Fabretti è riuscito a fuggire assieme a un gruppo di russi e a
uno jugoslavo. Pesava appena 38 chili. Il suo bagaglio era una giovinezza
rubata e un brandello di vita. Bagaglio ricco,
da “fortunati” rispetto alle migliaia di persone che non ce l’avevano
fatta e che erano diventati cumuli di cenere senza identità. Tornato a Nimis,
Bruno ha trovato solo distruzione. Nemmeno la sua casa esisteva più né la sua
famiglia né la madre, per fortuna poi ritrovata, sola e spaesata a Feletto
Umberto. “Una povera donna, con i capelli racchiusi a forma di crocchia sulla
testa, un gran grembiule consunto e un paio di ciabatte ai piedi”.
per quella grazia tanto grande. E poi i giorni sono andati avanti. Bruno si è
fatto una propria famiglia, ha avuto figli ma nemmeno a loro raccontava mai
nulla dello strazio subìto in gioventù.
Poi, dopo oltre 50 anni, eccolo sentire il dovere di far sapere la verità sulla
tirannide nazifascista dalla quale la civiltà umana ha rischiato di uscire distrutta.
Oggi, Bruno Fabretti invoca la pace e raccomanda di non odiare ma ricordare e
imparare.
documento che lascio ai miei figli, affinchè essi sappiano la terribile
esistenza passata da loro padre nella sua gioventù. Per conservare date e posti,
riferimenti più o meno ricordati, ma ugualmente validi per un domani, quando la
mia mente non potrà certo più elencare tutto a causa degli anni, se ancora in
vita”. Il libro vuole rimanere un testamento spirituale, non un documento
pubblicitario, ma una memoria che illustra un’epoca da cui trarre le debite
risultanze.
una tomba, ma solo ampi prati di torba dove sono finite le loro ceneri.
giacomo
quante cose fate in quella zona. magari anche dove sto io