CAMINO AL T (UD): Padre DAVID M. TUROLDO: L’INFANZIA D’ORO… conferenza con Mariangela Maraviglia – 31 ottobre 2016
E’ toscana la studiosa Mariangela Maraviglia, dottore di ricerca sulla storia della chiesa contemporanea all’università di Bologna. Ha scritto un libro su Turoldo, friulano, grande figura del cattolicesimo sacrale del 1900. Con la passione che ci mette chi ama davvero sapere, scriverne, valorizzare e far sapere ciò che ha scoperto dopo tanta ricerca. Mariangela è anche la “voce” di Don Primo Mazzolari, Lorenzo Milani, Balducci, Bonaiuti, David Maria Turoldo.
Il libro, edito da Morcelliana, è un testo di studio che si rifà alla vita di uomo e religioso oltre che di scrittore e poeta. Le parole di Padre David riportano alla miseria della sua infanzia, “miseria d’oro grezzo, neppure raffinato e così buona e sostanziosa. Ci faceva diventare forti come cavalli. Bisogna essere poveri per sentire la fraternità, come è buona l’acqua da bere, la polenta guadagnata con la mia fatica, il raro boccone di pane gustato come fosse una torta”. Padre David decanta le cose semplici, la ricchezza della povertà, la fraternità dell’uomo e delle cose. Egli ha avuto una vita intensissima che lo ha portato a fare il giro della terra, valorizzando sempre e ovunque la lingua friulana. Ha avuto come amici cari Pasolini ( fu l’unico celebrante a partecipare al suo funerale) e Zanzotto.
La sua vita è considerata tra le più ricche del 900 religioso. Nato a Coderno di Sedegliano nel 1916, ultimo di otto fratelli (anche se lui parlava di nove) in una famiglia poverissima, la più povera del paese. Giovanissimo entrò nell’Ordine dei Servi di Maria e nel 1941 nella comunità dei servi di San Carlo a Milano. si laureò in filosofia e fece parte attiva della resistenza. Incessante promotore di attività culturali insieme all’amico Camillo De Piaz, sognava Nomadelfia, la città per accogliere i bambini abbandonati.
Ma il suo attivismo risultava scomodo alla chiesa che pretendeva obbedienza. Fu esiliato da Milano nel 1953, con apposito decreto. Egli si trasferì in Germania, Austria, ma, nel 1954, tornò a Firenze. Qui trascorse quattro anni intensi nella Firenze di Giorgio La Pira, la città della pace e del dialogo. Fu di nuovo esiliato a Londra, in convento. nel 1960 tornò a Udine, al convento di S.M. delle Grazie dove produsse una gran quantità di scrittura. prosa, poesia, spiritualità, teatro e il film “Gli ULTIMI” nel 1962. Lo entusiasmò il Concilio Vaticano 2°, in quanto foriero di apertura fra la chiesa e il mondo. nel 1988, da Udine si trasferì volontariamente nel paese di Papa Giovanni 23°, a sotto il Monte, nella frazione di Fontanelle, dove rimase fino alla morte avvenuta nel 1992 e dove è sepolto nel locale cimitero.
Don Davide visse sempre in pubblico, perfino la morte. Rilasciò tante interviste televisive, giornalistiche, poetiche. In tutto questo girare non dimenticava le sue radici. Tornò spesso in Friuli e, nel 1976, anno del terremoto, dette concreto aiuto.
Turoldo ha vissuto in Friuli l’infanzia che ha ispirato la scrittura cui ha offerto la creazione simbolica del suo vissuto. Attraverso la poesia e la prosa la memoria ha acquistato valore diventando esemplare, come la sofferenza vissuta da tutti i poveri della terra. Egli sentì sempre la poesia come la sua eredità più durevole nel tempo.
Rievocava la sua Coderno immersa nella pianura che, da bambino, percorreva scalzo verso San Daniele e il mare. “Pianura – occhi del mondo – dove gli occhi – si fanno azzurri – a forza di guardare”. Arrivò poi la 2° guerra mondiale e vi passarono eserciti che calpestavano i campi e rendeva in balia di se stessa la popolazione rurale. Tra cui la sua famiglia, i genitori, i primi, grandi maestri. Il padre, Zuan, piccolo affittuario, falciava, puliva gli argini per mantenere la famiglia di otto figli, di cui due erano morti piccolissimi, due emigrati, le sorelle a servizio lontano da casa. Aveva rifiutato tutte le tessere, tra cui quella del partito fascista e dell’Azione cattolica. La madre Anute, silenziosa e umilissima, era “parente della Vergine” sempre affaccendata e ispiratrice della vocazione di Turoldo.
La casa era la più povera del paese. Fatta di sassi di fiume, con la misera cucina senza camino, la misera tavola un po’ sgangherata, le pareti sempre nere dove la madre si muoveva come avvolta in una nuvola. La fame era permanente, fino a mangiare la saggina e le pesche selvatiche, l’uva acerba e il fiore di acacia. Quando David chiedeva ” Madre, non c’è più nulla da mangiare? lei rispondeva ” Frut, bisugne cressi un poc par volte”. La mattina si mangiava pane e polenta, a mezzogiorno polenta e orzo, la sera polenta e “argjelut” ovvero valeriana. Da piccolo Turoldo aiutava i contadini pascolando tre pecore sui campi, rotti dal gracidio dei corvi, anche sulla neve, La notte dei santi si cuocevano le castagne ed era il rito solenne, quando il focolare diventava l’altare al centro della terra.
La VOCAZIONE: David veniva attratto dal luccicare silenzioso delle candele il mese di maggio, quando andava con la madre al santuario della Madonna delle Grazie a Udine. ammirava l’altare con la Madonna addolorata vestita di nero che assomigliava alle dame del Friuli e al volto pieno di lacrime della madre. Che diventava l’identificazione di due figure lontanissime. Il fondamento della vocazione sta nell’infanzia sofferta. “Io andrò a sfamare i bambini poveri”. La memoria dell’infanzia d’oro sul crinale della povertà come ingiustizia ma anche come valore e ricchezza.
IL FILM: Trae origine dalla prosa autobiografica. il bambino, Checo, è l’alter ego di Turoldo, colui che cresce con gli ultimi stracci di casa, come un fondo di pattumiera rosicchiato dai topi. Uno spaventapasseri, come veniva menzionato. Il film è una forma di riscatto ma, nel 1962, il Friuli non lo voleva vedere perché c’era lo sviluppo, la ricchezza e Turoldo era la figura scomoda, contestatrice.
Egli, da adulto, si schiera contro la miseria e, con grande generosità, allevia la miseria di tanti. Tanti soldi sono passati da lui ma nemmeno un centesimo è rimasto nelle sue tasche.
Può essere considerato una sorta di Robin Hood, che toglieva ai ricchi per dare ai poveri.
Ma la povertà è una grande maestra, elemento di un patrimonio di inestimabile valore.
Per questo e molto altro Turoldo è uno dei poeti più letti del 1900.
“Sono ammalato di Dio” diceva. Ma la sua vita è stata una incessante lotta con Dio (Teomachia), quasi un novello Giacobbe. “Cosa posso dire di Dio? Niente. La sua non è risposta ma AFFIDAMENTO. La sua è una fede mai risolta razionalmente ma affidata al volto di Dio. Come diceva il cardinale Carlo Maria Martini “Il credente e il non credente albergano in ognuno di noi”
Mostra in Biblioteca di Camino: “Click, piccoli fotografi grandi storie” fotografia solidale, in collaborazione con onlus Namasté, India, kerala
La conferenza su Padre David Maria Turoldo rientrava nel Festival “Camino Controcorrente” dl 28 ottobre al 1 novembre 2016 “I giardini d’infanzia”
Anonimo
Complimenti sempre interessanti i tuoi post 🙂