Il PAESE – magazine di cultura, società, turismo del Medio Friuli – mese marzo 2016
“Stella del mattino”.
tenendo fede a una gradita tradizione, ha messo in scena uno spettacolo che ha
portato a ritroso le lancette arrivando niente meno che al Medio Evo. Come mai?
Primo, per avvalorare quanto i bambini stanno imparando a scuola con il
progetto “Un tuffo nel passato” , secondo per divertire i piccoli allievi e i
loro genitori nel periodo del Carnevale appena passato. Il protagonista dello
spettacolo era l’eroico omino vestito di verde e cappello a punta, Robin Hood, noto dal Medio Evo ai giorni
nostri per la sua specialità di rubare ai ricchi per dare ai poveri. Inedita la
presentazione di una coppia litigiosa per scherzo formata da Lilli Gruber in
gessato tailleur e da un giornalista del Tg incravattato in rosa e cappello
nero armato di raganella per gli spot. In scena il principe Giovanni, con tanto
di dito in bocca perché geloso del fratello Riccardo. Ingenuo e credulone si
fida delle formule magiche della furba cartomante Chimera, complice di Robin Hood.
Simpaticissimo Fratak, frate sovrappeso e pronunciata calvizie, capace persino
di dare lezioni di merengue alla principessa in perenne attesa di Robin. Tutto per ridere quindi, anche il tiro al bersaglio mai azzeccato, anzi, con
freccia finita tra il pubblico e la ripresa in diretta del principe e valletto
nella cucina della scuola a lucidare i manici degli alluminiati pentoloni della
signora Leda. Morale? Anche i
principi ciucciano il dito perché
credono che la loro mamma preferisca i fratelli e chi è generoso, alla fine,
vince sempre. Hip Hip Urrà per Robin Hood e l’allegra compagnia dei genitori in
scena con risate garantite e tanto divertimento. Pierina
Gallina
portare indietro le lancette dell’orologio.
Viviamo immersi nell’epoca digitale. La generazione degli anni 2000 è nata con la tecnologia incorporata e ce ne
accorgiamo da come slittano il dito sui vari giochi dei pc, tablet e perfino nelle App di Topolino. Non
ce ne meravigliamo nemmeno più né pensiamo che siano piccoli geni perché
sappiamo come la multimedialità sia realtà oggettiva di cui pochi fanno a meno. Sparite le lettere, defunte le
cartoline, la comunicazione è affidata agli sms, ai comodi messaggi su
facebook. Tutte invenzioni sensazionali che agevolano, fanno risparmiare tempo
e denaro, tengono in contatto persone che altrimenti non si conoscerebbero mai.
Tutto perfetto quindi? Potrebbe esserlo se, oltre all’uso, spesso non ci
fosse l’abuso. Ciò che mi colpisce sono
bambini e ragazzi, senza però escludere altre età, che hanno lo sguardo incollato ai social
anche durante incontri conviviali, magari condividendo una cena o una
passeggiata. Ho assistito a compleanni
dove bambini della primaria “parlavano” col compagno di fronte con il
cellulare. In completa assenza di sguardo e men che meno un sorriso o una pacca
sulla spalla. Esiste un rimedio? Secondo me sì ed è quello di evitare il
cellulare nell’età scolare, almeno fino alla fine della primaria. Arrivando
magari alla fine delle secondaria di primo grado, le vecchie scuole medie, anche
se ai genitori verrebbe richiesta una overdose di sana fermezza. E il cellulare a scuola, sì o no? Alcuni
genitori non ci dormono la notte, mettono paletti, trattano con i figli le
regole da seguire. Per fortuna adesso una risposta arriva dagli economisti. “Se
volete che i vostri ragazzi abbiano risultati scolastici migliori, lo
smartphone deve rimanere a casa. Bandire il cellulare dalle aule ha un effetto
che vale quanto una settimana in più di lezione. Lo studio conclude che «nelle
scuole in cui il telefonino è bandito, i voti sono più alti». La ricerca non sostiene che i cellulari siano
dannosi. E non nega che, se correttamente utilizzati, possano essere un
efficace aiuto per lo studio. Ma in Paesi come la Gran Bretagna, dove oltre il
90 per cento degli adolescenti possiede uno smartphone, sono sempre più
numerosi i dirigenti scolastici che obbligano i ragazzi a consegnare il
telefonino, a inizio giornata o durante le verifiche. Tecnologie che «fanno
tante cose diverse», sostengono i ricercatori, hanno un effetto negativo sulla
produttività degli studenti. Il multitasking distrae. Non avere lo schermo
costantemente sott’occhio, la possibilità di giocherellare sotto il banco, o
anche solo la vibrazione del messaggio in arrivo, consente di concentrarsi di più, con benefici
immediati sui risultati. E in Italia? La
regola c’è: l’uso del cellulare a scuola è vietato. Lo ha disposto il ministro
dell’Istruzione con una direttiva del 15 marzo 2007, che impegna tutte le
scuole a regolamentarne l’uso, con esplicito divieto durante le lezioni. Ma
norme e regole possono essere di difficile applicazione. Anche agli educatori,
d’altronde, capita di dimenticare di spegnere il cellulare in classe,
nonostante la circolare del ’98 che lo proibisce. Va da sé che l’uso improprio
del telefonino nelle aule è diventato consuetudine. A livello emotivo ha
sostituito il vecchio bigliettino. Ma almeno
quello si poteva piegare, annusare, stropicciare, nascondere, e conservare tra
le cose da ricordare. Quanto dura, invece, la vita di un sms? Pierina Gallina