IL PONTE ottobre 2014
tremila le copie vendute. E un interesse in continua crescita per
l’argomento e per le 70 testimonianze di friulani sulla loro esperienza a Medjugorje,
il paesino della Bosnia che risulta regalare pace e serenità a chiunque vi si rechi. Ben quattro le edizioni e,
sull’ultima, appaiono il ringraziamento
e la benedizione di Papa Francesco. L’intero ricavato, consegnato di persona, è
sempre stato dato in beneficenza. Il
prossimo beneficiario sarà l’Associazione Luca che, in 15 anni, ha aiutato
bambini malati di tumore e le loro famiglie. Ben 14 le presentazioni in Friuli
e l’ultima è avvenuta nella biblioteca di Camino. Persone giunte da luoghi
lontani e persino dalla Val D’Arzino hanno
conferito spessore ad una serata carica di suggestione, sincera e
spontanea. Coordinato dalla poetessa Alida Pevere, curatrice della pubblicazione
insieme alla scrittrice Giacomina De Michieli,
l’incontro-presentazione si è ben presto trasformato in opportunità di
crescita e scoperta di storie intense e vere, raccontate viso a viso. Rese
ancora più emozionanti dagli intervalli canori del Coro di Bugnins “Notis ta
lis calis” diretto da Cristina Pilutti, anche Assessore alla Cultura, e
accompagnato al pianoforte da Teresa Francescutti. Come dai filmati di “un
popolo in cammino” a Medjugorje che, dal 1931, ha richiamato sessanta milioni
di pellegrini. Un luogo sperduto tra i monti diventato “miracoloso”, è protagonista
di un libro unico in Friuli, la cui idea è nata sul monte delle apparizioni a
Giacomina de Michieli. Il titolo stesso “E…se fosse vero?” vuole essere domanda
aperta, una possibilità per ciascuno, senza pretendere di dare risposte o
certezze. Le testimonianze di persone di ogni età e credo ne sono il motore
autentico. A Camino, hanno
raccontato le loro storie Maria Rosa Rovedo, Manuel Di Vora di Cercivento, Crescenzio di
Pantianicco, Loretta Sangoi di Gemona, Roberto Battigelli di Maiano, il comico
Romeo Patat. Alcune delle loro parole: “Con senso del dovere e con umiltà, vi
assicuro che da Medugorje si torna più leggeri, ricchi di pace e serenità” “Quando viene la chiamata devi andare. E
quando arrivi a realizzare questo desiderio ne diventi felicemente dipendente.
Medjugorje non è il sole che gira. E’ un posto che dà una pace che non è di
questa terra, indescrivibile a parole. Bisogna provare” “Medjugorje sembra
essere il luogo dei giovani, del futuro, della speranza per il mondo.” “Perché
tacere. Come gratuitamente si riceve così si deve dare”. La presentazione del
libro ha voluto anche ricordare la figura di Don Gianni Pilutti, fervente
estimatore di Medjugorje, di cui è stato letto il testamento spirituale. La
conclusione è stata affidata a quanto diceva Pre Beline “ Ogni tanto guardiamo
il cielo per sapere dove dobbiamo arrivare”.
Mizzau. Ed è già su Wikipedia,
l’enciclopedia libera che tutto il mondo consulta. Con tanto di carriera e
palmares, ovvero la raccolta delle vittorie. Viene definita la “Stileliberista friulana” , una delle azzurre più quotate in vasca. Tesserata per Fiamme Gialle e Team
Veneto, di stanza nella Repubblica di
San Marino da quattro stagioni, allenata da un tecnico esperto come Max Di Mito
nella Repubblica del Titano, continua a confermarsi come una tra le migliori
interpreti dello stile libero italiano.
poterlo fare, altrettanto.
energia a mille, per lei parlano i
numeri.
si è distinta in ben tre distanze con altrettanti primati personali. Nei 100,
dove ha conquistato il suo secondo titolo tricolore in carriera, in 54’’99, ha
rotto per la prima volta il muro dei 55’’.
Nei 200 è giunta seconda alle spalle della sola Federica Pellegrini, in
1’57’’53. Stessi piazzamenti nella gara più sorprendente e inedita per lei: i
400. Anche in quell’occasione ha colto un argento col crono di 4’08’’39. Tempo
che l’ha fatta entrare nella top 10 stagionale delle più veloci prestazioni
europee, così come avvenuto nei 200.
Senza nulla togliere alle
numerose medaglie, tra cui gli argenti del 2009 a Praga e a Doha, il record
italiano ai Giochi Olimpici di Londra nel 2012
con l’oro di Debrecen, e il
primato italiano nella staffetta 4×400 stile libero ai campionati del mondo di
Barcellona nel 2013.
Berlino, nella staffetta femminile 4×200 agli Europei di nuoto? Il quartetto azzurro, composto da Alice, Stefania Pirozzi, Chiara Masini Luccetti e
Federica Pellegrini ha nuotato in
7’50”53, confermandosi Campione
europeo.
straordinari risultati. No, a vestirla d’oro, quello guadagnato sul campo del
vivere, sono la sua semplicità, i suoi valori, e lo spirito di sacrificio che
ha sempre ampiamente dimostrato. A tre anni già sgambettava nella piscina di
Codroipo, correndo per entrare e sbuffando per uscire. Continuando a farlo
sempre, al mattino, prima di andare a
scuola, e la sera, negli orari in cui le sue amiche giocavano o si riposavano
dalle fatiche scolastiche. Si alzava alle quattro e mezza per andare in piscina
a Udine fin da quando era alle medie. Senza mai un lamento, rincorreva vasche e
sogni con l’entusiasmo di chi,
divertendosi, sente meno la fatica. Sempre accompagnata da mamma Ida, la sua
fan numero uno, in ogni istante pronta ad
incoraggiarla nel proseguire in una disciplina dove volontà e
tenacia sono gli unici ausili al talento e alla passione.
gioca alla “farfalla” in piscina, tra l’aroma di cloro e le sempre più competenti evoluzioni di braccia e gambe. Fino a poggiarle sui podi più ambiti d’Europa e del mondo.
In staffetta o da sola. Dedicando
le vittorie alla sua meravigliosa famiglia, alla sorella Angela, anche lei
nuotatrice e ora membro dell’Arma dei Carabinieri, mamma Ida e papà Manlio, i
nonni e i tantissimi amici, tra cui il Fan Club di Beano, sempre pronto a
scriverne i risultati, gli incoraggiamenti e la gratitudine su grandi lenzuola
odorose di affetto e stima, appese sul muro della ex latteria. Tutti in prima fila a sostenerla in ogni
momento. A guardare con lei, e con ottimismo,
al futuro. Entrando nei suoi
occhi di ragazza sensibile e a modo suo
riservata, che coltiva, oltre al nuoto, la passione per la cucina e per
i dolci. “Mi piace sempre dilettarmi in
cucina – dice – però ne devo fare pochi
perché sono golosa e corro il rischio di mangiarmeli tutti. In parte, lo ammetto, pensavo che cucinarli
mi avrebbe tolto la tentazione di mangiarli. Invece non è cambiato nulla. Dicono che sia brava a cucinare, ma io mi
reputo baciata dalla fortuna del principiante. La mia specialità migliore?
Credo sia la torta di mele, grazie ai consigli di mia mamma”.
ha dimostrato la sua stoffa più pregevole.
Appena scesa dal podio d’oro berlinese, e già con il pensiero rivolto
alla gara dei 200, la sua specialità, ha saputo che mamma Ida aveva bisogno di
lei. Non ha esitato a girare le spalle a onori e medaglie per salire sul primo
aereo e volare a Udine, in ospedale. Le ha mostrato la medaglia d’oro, appena
in tempo per udire “Brava brava”. Ancora una volta, mamma Ida ha onorato la sua Alice, dedicandole le sue ultime
parole.
da due icone realizzate dal maestro iconografo Paolo Orlando, il Buon Pastore e San Valeriano
d’Aquileia. Durante la cerimonia
d’inaugurazione, ufficializzata da Mons. Ivan Bettuzzi, sono state esposte e
benedette le iconostasi ovvero sei icone realizzate da 5 parrocchiane e 1 parrocchiano che hanno
frequentato i corsi curati dalla maestra iconografa Piera Gortani e svoltisi all’interno della
chiesa. Opere che hanno richiesto pazienza
ed impegno certosini, in ogni fase, dalla preparazione del colore alla sua
stesura. Come ha spiegato Paolo Orlando ” Le icone sono volutamente piatte,
dalla prospettiva rovesciata. Quasi un
foglio di carta bidimensionale. Lo
spazio è invaso dalla presenza di cui l’immagine è l’allusione. Non sono
fotografie, non sono quadri, bensì le
immagini visibili di un mistero”. Come ha detto Don Ivan “ Le icone sono opere
d’arte che fanno tornare all’essenziale”.
IL DESERTO NEGLI OCCHI
ne fa parte, in virtù di un destino che l’ha condotto qui, contro la sua
volontà e la sua aspirazione. Il libro,
scritto con un taglio narrativo, racconta la sua vita: la storia di un uomo che
non avrebbe mai voluto abbandonare l’Africa e che vorrebbe continuare a essere
libero. Ne ripercorre l’infanzia e la giovinezza tra Azzel, Agadez e il
deserto: la magia dei viaggi con le carovane, ma anche l’impegno politico al
liceo e le spedizioni con gli occidentali
deserto e un modo per far conoscere al pubblico la cultura tuareg, che rischia
di scomparire per i disordini che rendono sempre più insicura la regione
sahariana. Oggi, infatti, mentre la situazione in Niger migliora, il vicino
Mali rischia di diventare un nuovo Afghanistan.
anni accompagna il padre nelle carovane, seguendo il vento in sella ad
Abbarogh, il cammello pià docile. Impara ad orientarsi osservando il cielo, il
letto asciutto dei fiumi, il contorno delle montagne all’orizzonte. A quindici
si innamora di Gheishita, dalle lunghe trecce, e di notte scappa per andarla a
trovare di nascosto nel suo accampamento.
penetranti occhi neri, in una cerimonia in grande stile ad Agadez. Ibrahim fa la guida turistica nel Sahara,
ne fa una professione, che gli dà
prestigio e benessere economico. È
soddisfatto del suo lavoro e della sua vita, finché nel 2007 è costretto a
fuggire in Italia. Scoppia, infatti, la
rivolta dei tuareg e Ibrahim è sospettato di aver aderito al movimento dei
ribelli ad Agadez. In Niger, ricco di
uranio, è iniziata l’ennesima rivolta tuareg e tutte le guide turistiche sono
sospettate di appoggiare i ribelli, per la loro profonda conoscenza del
deserto. “Un tuareg abbandona la sua terra solo se non ha altra scelta”. Deve
lasciare la moglie e i figli per non finire in prigione, torturato o ucciso,
come gli amici, come il padre. Lui che è sempre stato un uomo libero e la cui
colpa è stata solo quella di voler essere un uomo libero e di accompagnare i
turisti nel deserto.
“capitale” dei tuareg d’Italia, dove si
adatta a fare l’operaio, a vivere in oasi di cemento, a scandire il tempo
secondo il ticchettio delle lancette. Si reinventa una vita. Ottiene lo status
di rifugiato e decide di chiedere il ricongiungimento famigliare anche se non
ha un lavoro: non ce la fa più a vivere lontano dalla moglie e dai quattro
figli. Dopo alcuni anni riesce a ricongiungersi con la sua famiglia e
ancora vive a Pordenone, in seno alla
comunità tuareg più grande d’Italia. Ma nei suoi occhi scuri come l’ebano,
misteriosi e impenetrabili, sono ancora riflesse le dune, e il vento del
deserto di notte lo chiama, chiedendogli di tornare. Ha imparato da piccolo a
orientarsi osservando il cielo, il letto asciutto dei fiumi, il contorno delle
montagne all’orizzonte.
Cozzarini, il libro ” Il deserto negli occhi” è un tributo alla vita nomade ma
anche un ponte tra mondi, gettato con rara sensibilità. E al deserto come spazio infinito, come dimensione
affettiva, come luogo dell’anima.
avrà luogo il concerto a lui dedicato, per
sottolineare i 30 anni dalla scomparsa, avvenuta il 22 ottobre 1984. Un doveroso omaggio al cantante lirico nato a
Gradisca nel 1920 promosso dal Circolo Clabassi con il patrocinio e la collaborazione del Comune di Sedegliano e del Club Unesco.
Plinio Clabassi ha solcato i
palcoscenici più importanti al mondo, cantando con i più grandi nomi della
lirica, sotto la direzione di direttori d’orchestra di chiara fama. Uomo buono e generoso, altruista, mai
sceso a compromessi e pronto al
sacrificio, come dimostrato anche in
guerra.
leggere fra le innumerevoli recensioni per rendersi conto che il mondo musicale
sapeva e sa ancora di essere di fronte ad una figura stilistica di primissimo
piano, molto rara per le sue qualità e
in quella particolare corda
vocale che gli ha consentito di interpretare oltre 150 ruoli, molti di più
rispetto a quelli richiesti per essere definito “Grande”.
presenza fisica e scenica mai è venuta meno. Un magnifico ed imponente
ambasciatore della Repubblica Veneta.
Ingresso libero.