IL PAESE novembre 2013
GUSTAVO ZANIN E JEAN GUILLOU: NATI LO STESSO GIORNO, SULLE NOTE DELL’ORGANO
Sono due grandi Maestri, uno
friulano e l’altro francese. Dedicano ogni goccia di passione all’ORGANO,
il portentoso strumento musicale che Zanin costruisce e Guillou suona.
una tradizione organara lunga 150 anni,
ha costruito oltre 500 organi che risuonano nelle chiese di tutto il
mondo.
compositore di opere per organo, progettista d’organi di caratura
internazionale.
li vede nascere lo stesso giorno, lo stesso anno, alla stessa ora: il 18 aprile
1930, alle 4 del mattino. Certificato
di nascita alla mano.
Gustavo Zanin invita a Udine l’amico Guillou e offre il suo concerto ad amici, artigiani,
“coloro che ancora nella manualità trasfondono lo spirito”, ai commilitoni
dell’arma del Genio, al Rotary, agli artisti, ai giornalisti, agli amanti della
musica, ai concertisti, alle autorità regionali e provinciali. E l’evento trova smagliante patria a Udine, nella
Chiesa Nuova della Parrocchia di San Quirino. L’arte stellare di Guillou è sublimata dal perfetto sincronismo di piedi
e mani sui tasti e dai sapienti virtuosismi. Falangi come
millepiedi farneticanti. Polpastrelli addomesticati al pensiero del Maestro,
premiato da scroscianti applausi. Elegante, filiforme, atletico. Papillon e capelli
bianchi ad incorniciare il viso fresco di passione, proiettata a scenari di un
futurismo imbevuto di grande musica. Spruzzata all’ennesima potenza nel
momento dell’esecuzione di Sagas,
Leonardo e Ikarus, ispirate all’Apollo 8. Musiche spaziali dalle ritmiche
slegate eppure compatibili, quasi colonne sonore di film noir, con fulmini,
scosse elettriche sulle tastiere e nell’aria. Note d’aurora palpitanti di
astronavi con i piedi sulla luna. Forsennati dialoghi, potenza adrenalinica
oltre ogni barriera ipotizzabile.
lo sgabello con l’agilità di una gazzella in fuga. Con sorprendente duttilità
corre a salutare il pubblico, poi vola all’organo e suona il Preludio e
fuga in Re maggiore di Bach e poi Liszt. L’energia si riequilibra sulle
improvvisazioni su tre temi, friulano, italiano, gregoriano. Imponenti.
Sovrane. In un film a occhi aperti su scenari visualizzati senza sforzo e senza
ritegno. E, prima del finale, Jean suona solo con i piedi. Gli applausi celebrano
l’eco della perfezione della musica per organo. Il pubblico continua a
ringraziarlo per le confidenze sonore, le pirotecniche polifonie, gli spari
nelle trincee emotive. Gli viene regalato un mazzo di fiori.
moglie di Gustavo Zanin, e glielo offre. Gustavo Zanin, noto nel mondo
per l’azienda di organi giunta alla 7° generazione, si apre. ” Per me è
un’emozione grandissima essere qui. Io sono solo un artigiano che dà la materia
a queste mani divine. Noi ci avviamo al crepuscolo ma sentiamo nel futuro musiche, melodie e
suoni che non sono dell’uomo.” Due magnifici uomini, in attività e in
straordinaria salute.
suggellata da trent’anni di amicizia e dalla combinazione sorprendente della
nascita sincronizzata. Uno che plasma l’organo. L’altro che gli dà voce con
movenze spettacolari.
TRACCE DI PITTURA SU 33 GIRI
professionisti e non, ha partecipato alla mostra concorso “Tracce di pittura a
33 giri” organizzata dal B&B Villa Francesca e da Cortivo Ristopub in una
delle più antiche ville friulane a Camino al T. L’idea di dipingere i vecchi long playing
rendendoli delle vere e proprie opere d’arte, è di Maurizio De Lazzari, già patron
della music room Porto Aperto, e padrone di casa, insieme a Francesca e
Carlotta. Immediato il successo sia per
la partecipazione di artisti (ne sono arrivati anche da Mantova, da Bologna e
dalla Sicilia) che per la qualità delle opere selezionate e votate da una
qualificata giuria di pittori e critici d’arte. Ad aggiudicarsi il primo premio, è stata Lucia Bezzegato, una giovane grafica
di Camposanpiero (Padova) con l’opera intitolata “Interno su metropoli” . La
veduta di una sala da ballo con una sequenza di passi di tango si affaccia sui
grattacieli che si intravvedono dietro grandi tende bianche e il disegno sembra materializzarsi dalle tracce
del vinile. Al secondo posto Luciano
Grappeggia con “Suggestioni caminesi”, dove l’atmosfera del luogo si coniuga
efficacemente con la vocazione musicale del suo più illustre musicista nel
decennale della sua scomparsa: Davide Liani. Terzo classificato Doriano
Tosarelli con “Cromie gotiche”, dove lo slancio architettonico si avvia a una
fuga verso l’alto con un effetto grandangolare e distorto. La giuria, composta
da Sergio Gavin, Lucio Trabucco, Claudio Pigozzo, Paolo Berlasso (pittore e
critico molto noto nel Caminese e dintorni) e Maurizio De Lazzari, ha inoltre
deciso una segnalazione speciale per le opere di Roberto Vettoretti e Claudio
Guattieri. Al B&B Villa Francesca i
numerosi eventi assumono sempre più una
valenza culturale che guarda anche alla
promozione di una terra ricca di bellezze e itinerari naturalistici e artistici
e di produzioni locali di eccellenza, come il vino e gli insaccati. La
scommessa di chi gestisce questa realtà è infatti quella di riuscire a
coniugare gli slanci e le attività artistiche e creative con la valorizzazione
delle realtà produttive locali a beneficio di tutto il territorio.
POZZO di CODROIPO (UD)
ENNIO MARTINIS: ANCHE IL CALENDARIO PER AIUTARE LA CHIESETTA DI SAN ROCCO
Scenografo, disegnatore grafico e già titolare del
noto Studio grafico pubblicitario Martinis di Udine, Ennio è figlio di Aurelio,
apprezzato caricaturista e conosciuto come il “Pittore delle Dolomiti o delle
montagne”. Originario di Cassacco, abita a Pozzo da una quarantina d’anni. Da
quando è in pensione, si dedica a “Poç da l’agnul” cui dona a piene mani
la stimata professionalità, concretizzata in restauri, quadri, affreschi,
cartellonistica e gigantografie per la festa di fine agosto, con la
rappresentazione astratta dell’angelo, del pozzo con l’acqua nell’ “agâr” e
l’allegoria dei costumi friulani nella Stajare. Ma
l’impegno più rappresentativo di Martinis riguarda interventi di
riqualificazione e ripristino di opere trafugate in un recente passato nella
chiesetta di San Rocco, accanto al locale cimitero. Datata 1400, era
stata privata prefino dell’acquasantiera e della statua lignea del
Redentore, oggi conservata al Museo diocesano di Udine. Martinis ha donato alla
comunità il quadro di San Rocco, realizzato nel rispetto dell’iconografia
tradizionale, dell’architettura storica e della bellezza e quello della
Chiesetta con i fedeli delle comunità di Pozzo, Beano, Gradisca che ogni 16
agosto vi si riuniscono. Ma, come a Martinis, agli abitanti di Pozzo
la chiesetta sta molto a cuore, tant’è che è nato un gruppo spontaneo “Borc San
Roc”, capitanato da Angela Pevato, per far rincontrare i residenti e i
nativi e raccogliere fondi per il restauro del pavimento e per l’acquisto
dell’acquasantiera. La chiesetta non ha pretese artistiche, ma è splendida
nella sua armonia ed essenzialità. In segno di riconoscenza per le offerte,
Martinis ha stampato una pergamena artistica che riporta le immagini della
chiesetta e di San Rocco viandante. “Mi sono affezionato al paese
adottivo – dichiara Martinis – e
volentieri metto a disposizione le mie competenze grafiche e pittoriche. Lo
stile a me più congeniale è l’astratto moderno ad olio, per opere di grandi
dimensioni. Ma dipingo con gli acquerelli, con l’aerografo, realizzo
caricature, ritratti e quadri fino a rasentare la fotografia, molti affreschi
con la tecnica ad olio su tela poi incollata sul muro, per evitare i danni dei
raggi ultravioletti del sole. Non ho frequentato scuole di disegno per il
semplice fatto che ai miei tempi non esistevano ma ho imparato le tecniche di
pittura ed affresco dal prof. Caucich, nei corsi serali. Inoltre, dal
2003, realizzo un presepio monumentale in stile Vinciguerra, il primo
illustratore che ha inventato il processo dell’incisione, e che ogni anno si
arricchisce di tre elementi. L’invito di venirlo a vedere in Via San Rocco è
esteso a tutti, non solo ai miei paesani”.
“Barcon sul paîs di Poç”, i cui proventi saranno interamente devoluti alla
Chiesetta di San Rocco. Una sorta di radiografia di Pozzo, immortalato in un
racconto visivo di 50 foto firmate Martinis.
“IL CALICE DI SAN GIOVANNI”
porte aperte. Si staglia dignitosa, mentre la nebbia leggera ricama sorprese arrivando
in un paesino di soli 4 abitanti, dopo aver percorso una strada sterrata
infiammata da fiaccole sul ciglio. In fila, a tracciare la via verso la chiesa rimbombante di voci femminili,
in coro. “Sciarazzule marazzule…la lusigne, la cracule…la pizzule si
nizzule, di polvar a si tacule…”
cimitero imbandito da fiori e lumini bianchi. Sembra quasi di vederli i
benandanti in corteo, mantelli e cappuccio e la stella a cinque punte sul
petto! In quel regno dove i campi
origliano l’infinito.
avvolti nella placenta. Nelle quattro notti magiche escono dal corpo e
combattono i malandanti. Se vincono, il raccolto sarà fortunato. Se perdono e
vincono le streghe cattive, miseria in agguato. I benandanti sono cristiani,
adorano la Madonna, San Giuseppe e San Michele. Le loro figure scompaiono nel
1700, con la fine del mondo rurale. Varcata la soglia della chiesa, la sorpresa si
fa meraviglia. La statuetta di San Giovanni è sul tavolo. L’interno della
chiesa datata 1768 è un gioiello. E’ il frutto di un “Miracolo della
generosità”. Era chiusa dal 1971 perché tutto era stato rubato. Calano le
luci e rimangono solo le candele accese. L’atmosfera per aprire il libro è
perfetta. Corre l’anno 1529. Le lettrici di “Sot la nape” riportano
indietro le lancette di un misterioso orologio nella Contea di Varmo. Il Coro
“Lis notis dal timp” di Zompicchia, diretto da Milena della Mora, canta
“Sciarazzule, marazzule”
scritto nel 1500 da Giorgio Mainardi e utilizzato dai benandanti per
invocare la pioggia. Paolo Morganti interviene. “Ho immaginato nel libro
che i cavalieri di San Giovanni, legati all’esercito dei crociati, avessero
salvato il salvabile tra cui il Calice di San Giovanni che, secondo la
leggenda, aveva poteri taumaturgici. La prima parte del libro si svolge a San
Tomaso di Majano, nell’antico hospitale giovannita fondato da Leonardo di
Varmo, attualmente oggetto di un intelligente e affascinante lavoro di
restauro. Si immagina che Martino, uno
dei protagonisti, assista lì ad un rito
particolare: la Messa comunitaria dei cavalieri di San Giovanni, con il rito
del calice. Essi portano la croce bianca, la spada al fianco, il capo scoperto
e reggono l’elmo con le mani. La luce delle candele riflette sulle armature.
Cantano l’Inno di San Giovanni Battista, loro patrono, facendo accapponare la
pelle nell’ascoltarli.”
Daniela, interpretano i personaggi ed il Coro canta l’Inno di S.Giovanni. 4
coriste sull’altare e 4 in fondo alla chiesa, per un effetto eco in dissonanza,
insolito e suadente. Morganti conclude: “Il libro finisce, e bene, in questa chiesa. La storia,
dal 1200 al 1500 confluisce qui. Santa Marizzutta è un posto particolare, un
luogo devozionale di grande suggestione. Dietro il luogo sacro si cela il luogo
di dolore, accanto alla porta del limbo. Da qui dovevano entrare i bimbi morti
senza battesimo, senza benedizione. In questi luoghi c’erano tantissimi topi
che mettevano a repentaglio la vita stessa degli abitanti. Per questo, ogni
anno, si faceva l’esorcismo contro di essi. E la messa si fa ancora.”
Comitato Spontaneo Pro chiesa, ringrazia Paolo Morganti per aver scelto di
terminare proprio a S. Marizzutta il
giallo rinascimentale che continua ed evolve gli eventi del precedente libro
“Il giardino del benandante”.