BOSNIA ed ERZEGOVINA e MEDJUGORJE: La forza della speranza - Pierina Gallina news

BOSNIA ed ERZEGOVINA e MEDJUGORJE: La forza della speranza

17 agosto 2011:
L’adrenalina del viaggio, che poi è la stessa del vivere, è alle stelle. E’ mattina presto e il sole splende già, foriero di calura estiva, tipica d’agosto. Vorrei fermarlo questo momento e farne un fascio di eternità! Sto per iniziare un viaggio in una terra assolutamente sconosciuta. Lungo cinque giorni. Voglio guardare, imparare, esplorare. Voglio indossare nuovi occhi su un mondo che è vissuto senza di me. In un attimo sono a Trieste. La pineta è ventosa, poche auto, eppure c’è già qualcuno steso sui lastroni, in costume da bagno. La Slovenia è lì, a due passi. Slovenia, un riassunto del mondo! Poi la Croazia ed un cartello che la reclamizza “Croazia: il Mediterraneo com’era una volta”. La prima visita è dedicata a Rijeka o Fiume, 128mila abitanti, città di frontiera, romana prima e poi di… tutti. Qui ogni persona è nata con passaporti diversi, a seconda del periodo. Austriaco, italiano, ungherese, serbo, inglese, americano, Jugoslavo. A Fiume c’era l’Agip, non si voleva certo che diventasse italiana, con gran delusione di D’Annunzio. Sopra Fiume c’è il castello romano dalla torre rotonda e poi TRST, 172 m sopra il livello del mare. Lì c’è un famoso santuario mariano che custodì per 4 anni e mezzo la Santa Casa che ora si trova a Loreto. Nel 2003 venne a visitarlo Papa Giovanni Paolo 2° e vi rimase per 5 giorni. Il più lungo periodo di permanenza tra tutte le sue visite e viaggi. Una sala del santuario contiene gli ex voto della gente normale e, al piano superiore, dei grandi personaggi e reali di tutto il mondo.
Dopo il pranzo si profila la Dalmazia, la regione della Croazia dove si GUSTA LA VITA, con ritmo lento, trascorrendo molto tempo al bar, a leggere il giornale, a bere un caffè in quaranta minuti, un’ora se gli è stato aggiunto il latte. Ancora Croazia e poi fermata a Sibenicco per la notte. Il buio accompagna la passeggiata nel villaggio turistico che ci accoglie. Di fronte e 300 isole brulle e ad un Parco Nazionale.
18 agosto:
BOSNIA ed ERZEGOVINA, Medjugorje e Mostar
Il paesaggio è collinoso con ciuffi che cantano al sole. Pale aeoliche. Ulivi, piante di rosmarino. In mare un pescatore solitario canta un inno alla veglia e al sonno, all’amore per le reti, per la propria vita sulla barca. Una canzone dalmata dice che “ La fortuna di chi canta è che quando lui non ci sarà qualcuno canterà le sue canzoni” “Mia madre è la Dalmazia e io sono della Dalmazia. Anche il mare blu sa quanto lo amo e i miei nonni hanno legato l’àncora…”
Ecco la Bosnia ed Erzegovina: dove abitano i croati di Bosnia cattolici, croati di Bosnia e i serbi di Bosnia musulmani e i Bosanzi ovvero abitanti di Bosnia senza tener conto delle etnie. Vivono insieme, ciascuno federe e coerente con la propria religione.
Sul cartello Medjugorje: un paese normalissimo. Si nota che c’è affluenza di gente perché inizia la fila di negozietti di souvenir, poi la chiesa del 1969. Al suo fianco un palco semisferico e panche per 5000 persone. C’è la messa in italiano. Mi avvicino, ascolto. Chitarra, voci, parroci, recitano parole e canti che arrivano al cuore. Il termometro segna 42°. C’è caldo di sole, di gente, di cuore. Aspetto la S. Comunione. Insieme a centinaia di persone. Medjugorje, una meta che m’incuriosiva. Voglio vedere il più possibile in una manciata di minuti, 60 circa. Accendo una candela, mi metto in fila per avvicinarmi al crocifisso in bronzo che rappresenta la resurrezione, dai cui polpacci esce un unguento che la gente raccoglie su candidi fazzoletti. Desisto. Il sole scotta troppo e i polpacci sono asciutti. E’ mezzogiorno. Entro in chiesa, mi avvicino ad una piccola folla che prega dinanzi alla statua della Madonna. Mi siedo e ascolto i passi attutiti dall’educazione. Nel negozio del fotografo ufficiale leggo i messaggi, stampati su carta lucida, in tutte le lingue: “ Chi crede deve far vedere quanto è bello credere”.
Nel salutare Medjugorje mi chiedo se mai ci tornerò! Ma il pensiero dura lo spazio di un tragitto, breve, che conduce a Mostar, patrimonio dell’umanità, arcobaleno di popoli, tra le 66 città più belle d’Europa, città di pittori e poeti. Il suo ponte, alto 20 metri, distrutto e ricostruito, rappresenta la pace tra i popoli così diversi che a Mostar vivono, oggi in pace. Ragazzi, per pochi Km (dinaro locale, vale 1.95 euro) si tuffano nell’acqua gelida per dare spettacolo ai turisti. Brrr! Sembrano sculture volanti!Il mercato simile a quello turco, nel quartiere musulmano, dà il benvenuto. Un vecchio con la bianca barba, torso nudo, sembra essere il re del quartiere. Riesco a rubargli una foto nell’attimo stesso in cui si ritrae. Si visita la tipica casa turca, la cui ultima abitante è mancata sette anni fa. E poi in libertà tra i negozietti profumati e coloratissimi. Anche dopo cena. A vivere la diversità tra la gente. Quasi tutti sono biondi con occhi azzurri. I contrasti tra le persone sono evidenti. Chi prega nelle moschee ubbidiente al Rabino, chi al bar beve birra con musica a tutto volume. Ragazze altissime con minigonne vertiginose, altre con il velo sulla testa. Sulla stessa strada!
MOSTAR… coi buchi sulla pelle
Sulle strade, sulle case.
Buchi di ogni diametro,
dinamite nelle ossa,
dello stesso sangue
umano e rosso di fuoco
sputato a caso.
Ad uccidere una macedonia di popoli fratelli.
19 agosto: SARAJEVO
E’ la capitale di tutta la Bosnia ( divisa in Federazione e Serbia di Bosnia, la cui capitale è Banja Luka), divisa in due dal fiume Miliaska. Centro storico e centro moderno formano la città dei contrasti, dei ponti, la più calda dell’ex Jugoslavia, la Gerusalemme d’Europa con gli autobus gialli regalati dal Giappone dopo la guerra.
L’assedio, durato dal 6 aprile 1992 alla fine del 1995, è ferita che tutti vogliono rimarginare. Per 4 anni Sarajevo è stata isolata dal resto del mondo. La gente ha vissuto nelle cantine, senza acqua, mentre i serbi da cinque montagne sparavano ogni giorno sui civili. 11mila sono i morti di Sarajevo. 50mila i feriti. Bruciata per tre giorni la biblioteca nazionale che conteneva 500mila libri che volavano in aria trasformandosi in cenere. 144 volontari bosniaci hanno costruito un tunnel lungo 800 metri, alto 1.60 e largo 1 metro. In 4 mesi, fino a luglio 1993. Serviva per far passare il cibo di notte e gli ammalati. I serbi lo hanno bombardato ma non sono mai riusciti a distruggerlo!
Oltre alla guerra, i massacri. Di gente in fila ad aspettare il pane. 60 i morti, 140 i feriti. 40 bombe dei serbi al mercato. 40 i feriti. E ora i buchi delle bombe sono diventati rose dipinte, sui muri, sulle strade.
Sarajevo, vera città dei contrasti, sorprende e convince poco. Città moderna con negozi di grandi firme in sfilata e città vecchia con casette di legno cariche di mercanzie turche ed orientali. Attaccate! 2 mondi vicinissimi. 2 religioni vicinissime: cristiana e musulmana. I musulmani, inchinati in moschea, poi in piedi, inchinati di nuovo, in sequenze interminabili. Uomini a destra, donne a sinistra. Un passo e la musica tecno a tutto volume rimbalza su ragazzi seduti al bar mentre parlano, bevono, fumano, mangiano. Le nuove generazioni vivono come gli occidentali ma è un mondo che non appartiene loro. A rate acquistano gli ultimi modelli di occhiali firmati, scarpe originali sportive, telefonia, tecnologia d’avanguardia. La disoccupazione si aggira sul 40%. Ragazze bellissime, bionde, occhi azzurri con bei vestitini corti e altre con il velo Non esiste il burka qui. L’Islam non lo prevede. Qualche zingara allunga la mano ma i poliziotti la mandano via. Ovunque la gentilezza è incredibile.
E’ POESIA SARAJEVO
dove la guerra si fa rosa,
dipinta intorno ai buchi delle bombe,
sull’asfalto e sui muri.
Poesia è la gente,
musulmani chini sui tappeti,
cristiani svegliati dalle campane.
Poesia è la gentilezza
a Sarajevo,
a dare il benvenuto ai turisti,
testimoni di rinascita.
Poesia è la città dei contrasti,
gemellati nella corsia dell’Umanità.
20 agosto: ZAGABRIA
Anche oggi occhi su mondi nuovi sulle strade della Bosnia, verso Banja Luka, capitale della Repubblica serba di Bosnia. Case in costruzione, piano su piano, case belle, curate, belle auto, cimiteri intorno alle chiese, in un gioco senza frontiere, come cantava Toscje Projetzki, l’”angelo dei balcani”.
Ecco il confine con la Croazia, tracciato dal fiume Sava. Poi la capitale, Zagreb, Zagabria, 800.000 abitanti, divisa in città bassa e alta, tanti musei tra cui il Mimara con 3750 oggetti d’arte, una ricca vita culturale. Otto parchi, ideali per bambini ed anziani, grattacieli, cattedrale del 1300, chiesa di San Marco del 1256, costruita e decorata dai veneziani. A mezzogiorno spara il cannone della Torre. Ogni persona si ferma e guarda l’orologio. Mentre filobus distratti continuano la loro corsa.

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pierina gallina

Ho un nome e un cognome che non si dimenticano. Sono appassionata di scrittura, poesia, viaggi, libri e persone, in particolare bambini e saggi. Ho pubblicato cinque libri e sono una felice nonna di 7 nipoti, da 6 a 18 anni, mamma di tre splendide ragazze, e moglie di un solo marito da quasi 50 anni. Una vita da maestra e giornalista, sono attratta dalla felicità e dalla medianità, dallo studio della musica e degli angeli. Vi racconto di libri, bambini, nonni, viaggi, e del mio Friuli di mezzo, dove sono nata e sto di casa, con i suoi eventi e i suoi personaggi. Io continuo a scrivere perchè mi piace troppo. Spero di incontrarti tra i fatti e le parole. A rileggerci allora...

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Anonimo

"Chi prega nelle moschee ubbidiente al Rabino (?)" religione: musulmana – moschea – muezzin
religione: ebraica – sinagoga – rabbino

4 Settembre 2011
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