Il Ponte ottobre 2021 - Pierina Gallina news

Il Ponte ottobre 2021

Il Ponte ottobre 2021

Il Ponte è un periodico del Medio Friuli: ottobre 2021

FIABA: H  COMBINAGUAI     

Età suggerita: da 6 anni

C’era, e c’è ancora, qualcuno, forse anche tu, che questa cosa non l’HAVEVA mica capita subito… Ma nemmeno lei si capiva, nemmeno dopo il subito. Di chi sto parlando?

Ma della H, quella lettera lì, che non si sa mai bene dove mettere!

Per lei è stata proprio una sfortuna nascere H, così diversa dalle altre lettere, che si riunivano allegramente a giocare alle parole.  Panciute, prolisse, tonde chiuse, tonde mezze sbilenche, a serpente, dritte come aste e a triangolo col taglio in pancia, le vocali e le consonanti si capivano benissimo e andavano d’accordo.

Le vocali, A E I O U, erano sempre insieme e dappertutto, come il prezzemolo. Nessuna parola, infatti, può stare in piedi senza almeno una di loro! AIUOLE è la parola regina, perché le tiene tutte in braccio, cioè, in un’unica parola e pure fiorita. A quel tempo, invece, la H, piaceva solo a chi andava in vacanza in Hotel, ma faceva paura a chi doveva andare in ospedale. Nessuna lettera voleva giocare con lei, anche perché combinava sempre guai.

Per esempio, se giocava con la C quando stava con la O, oppure con la A, quando stava con la U, veniva fuori un choro da far rabbrividire o un chavallo mostruoso.

A scuola, poi, soprattutto alla primaria, la H era una tortura. Tra alunni e maestri ci andava sempre di mezzo lei: “Non si scrive io O la bocca. Non si va HA Roma”.

Sui quaderni, aiuto, le piombavano addosso certi segni di matita rossa da urlare dal dolore! Una volta, fu sul punto di svenire, perché Gigetto l’aveva messa in un haveva che fece andare su tutte le furie la maestra, che la cancellò senza dire né a né ba. E pensare che di guai la povera H ne aveva già tanti per conto suo! Al posto delle ciglia aveva una chiglia, e questo solo per fare un esempio.

Era appassionata di pittura, ma non poteva nemmeno vedere un quadro di Giotto, perché per lei era Ghiotto e le veniva voglia di mangiarselo.

Eppure, era nata ricca, negli agi, ma appena ci andò dentro, Ahi, Ahi, che punture: gli agi divennero aghi.

Un giorno, stanca di essere tormentata, decise di andare in vacanza. Siccome le piaceva la montagna, andò a sciare, ma, appena sciava, diventava una schiava e tutti la comandavano a bacchetta.

Decise di rinunciare allo sci e di fare un giro in campagna, ma subito divenne un ghiro e dormì tutto l’inverno.  Quando si svegliò aveva una gran fame e, siccome era vicino a un fiume, si mise a pescare. Tirò su un bellissimo pesce, ma, appena lo addentò, si trasformò in pesche dalle bucce così ruvide che le sputò.

Uno sciocco che passava di lì la vide e la prese in giro. Ah, Ah, Ah! La H si arrabbiò, gli saltò addosso, ma lo sciocco diventò uno schiocco e fece un tale rumore che lei si prese un grande spavento e scappò.  Per strada vide dei ragazzi che giocavano a bocce e chiese di poter fare una partita, ma, appena prese in mano, le bocce diventarono delle bocche, che volevano mangiarsela in un sol boccone e dovette scappare di nuovo.

Proprio in quel momento, un gallo stava per cantare il suo “Chicchirichì”, ma, siccome lei non voleva sentirlo, gli fece fare una figuraccia. Tutte le galline del pollaio si misero a ridere quando il povero gallo fece uscire un misero: cicciricì.

La povera H, stufa e arcistufa di quella vita, decise di andare all’estero.

Ma, quando si presentò in questura a chiedere il passaporto, non glielo diedero, perché non erano autorizzati a rilasciarli per la Franchia, la Grechia, il Ghiappone, il Belghio, l’Algheria.  La H non ne poteva proprio più e, siccome si trovava in una fiaba, le venne l’idea di andare a Udine, da chi l’aveva scritta. Partì, ma era così emozionata che, invece di andare a Udine, andò ha Udine.

Per sua disgrazia, passava di lì un professore dell’università, che vide quell’errore madornale e tirò subito fuori la penna stilografica per cancellarla.

La H, spaventatissima, cercò di salvarsi dicendo: «Signor professore, la prego, mi permetta di telefonare a chi ha scritto questa fiaba e, poi, potrà capire la mia triste storia».

Prese un gettone che diventò subito un ghettone e non entrava nella fessura. Non poté telefonare e il professore, infuriato più che mai, la cancellò tutta, ma proprio tutta, da non vederla più. Non ne rimase nulla, neanche una zampetta e fu così che la povera H sparì. Ma, dopo che lei se n’era andata, accaddero dei fatti molto strani e la gente non capiva nemmeno la lingua italiana.

In ciesa si dicevano le pregiere sbagliate con gli occi lucidi e le bocce amare, che facevano ridere i ciericetti buffissimi, che non si sedevano sui banci per ciaccierare e per fare ciasso, ma rotolavano per terra a ridere come matti.

E i fiori? Come erano tristi le povere margerite e i mugetti. Allora, tutti cominciarono a ciamare la H a voce alta: H, H, torna, ti pregiamo, ce senza di te non ci capiamo!”

Da quella volta, la H non si sentì più diversa, ma necessaria, come tutte le altre lettere dell’alfabeto. Anzi, a dirla tutta, anche un pochino di più.

“Hello, vado a fare la Hostess e, quando arrivo nella Hall dell’Hotel, mi mangio un buon Hamburger. Bye Bye see you soon…” salutando se ne andava, trainando la valigia rossa nuova di pacca. Poteva andare in Inghilterra quando voleva, perché sapeva l’inglese, lei.  Non era mica una cosa da tutte le altre lettere!

La fiaba “H Combinaguai” fa parte del libro “UN ANNO DA FIABA”,  acquistabile su www.pierinagallina.it

LIBRI

“IL VIAGGIO, gli stivali, lo zaino” di Andrea Crestale

Un insolito viaggio e con vari mezzi, in solitaria e in compagnia. Pagine in viaggio, sempre in bilico tra sogno e realtà.

Un libro altrettanto insolito, dalle frasi brevi come frecce, agili come passi di polka, accattivanti come ritornelli di saggezze inaspettate e di inconsapevole poesia. Libro in viaggio profumato di diario, redatto con spiccato carattere maschile, in prima persona e al tempo presente.

Lo stile è attrattivo, visivo, conciso, ricco di metafore e atmosfere, rivelatore di un notevole bagaglio di tecniche narrative. ll protagonista – autore decide di partire a caccia dei fantasmi del suo passato, di figure femminili che ha conosciuto e relegato nella memoria, ma che vuol rivedere per scoprire come si siano trasformate. Lascia una lettera alla propria compagna – che lo accusa di non sapersi affezionare stabilmente – e va, di pura irrazionalità. In un tempo, a volte dilatato, altre accelerato, mette in moto il caso e ci salta sopra, al volo.

Ha con sé gli stivali. Sono stivali umani, profumano di vita, propria e condivisa. Per questo, mai andranno in discarica.

Ha con sé lo zaino. È contenitore di oggetti ed emozioni, quelle vissute o dimenticate o mancate per un soffio. Stivali e zaino sono le metafore del cambiamento, dell’àncora che annoda il passato alla maturità attuale. E va, ricordando il fratello, skipper, la cui assenza è molto presente, ed Helena, amore di vent’anni prima. E va, incontrando chi aveva dimenticato e disparate fisionomie femminili da cui si lascia facilmente tatuare.

Incontri stabiliti dal caso – o, forse, no –  incroci come scelte, avventure, sguardi e consapevolezze giocano a rimpiattino sui fili del sogno ricorrente.

Luoghi d’Europa, da Parigi alla Finlandia, disegnano geografie che sfociano in un finale inaspettato, ma aperto a inediti panorami, a dimostrazione che “il viaggio con il proprio zaino non si interrompa mai”.

Forse questa è la vera chiave del libro: una riflessione sulla propria parabola di vita, che non conosce rinuncia né mestizia. Semmai un sorprendente amalgama di fantasia terapeutica al servizio della parola, irrinunciabile cavallo di battaglia, dell’autore, nato a Cividale del Friuli, ma residente in provincia di Treviso.

Il libro è stato presentato a Bugnins di Camino al T,  da “Ferrin”,  il 28 agosto 21.

CODROIPO (Ud)

ANGELINA INFANTI ZORATTO, UN SECOLO DI DOLCEZZA

Angelina, ultima di otto fratelli e sorelle, è nata in Via Piave, nella grande casa degli Infanti. La miseria era tanta e la madre nascondeva nella tasca del grembiulone il proprio pezzo di pane per darlo a lei, la più piccola, prima che si addormentasse.

Fin da giovanissima, Angelina ha lavorato nella fabbrica del tabacco e, nel 1945,  ha  sposato  Bruno Zoratto  – scomparso a 45 anni –  noto per essere socio di Sant e Faggiani, imprenditori dell’abbigliamento, con un negozio accanto alla canonica, prima, e, poi, in Via Italia.

Angelina ha vissuto con la dignità di madre rimasta sola e ha investito ogni energia nella sua famiglia, con figli e nipoti, che ha contribuito a crescere con tanta cura.  Si è dedicata allo studio delle religioni e della storia del Friuli all’U.T.E. di Codroipo, ai viaggi, alla sua casa, amatissima, di Via Friuli. Lì vive, in compagnia di Marinela, sua collaboratrice, sempre sotto lo sguardo affettuoso dei figli.

Il viso di Angelina esprime gentilezza, serenità, buon gusto ed eleganza. Il suo carattere è dolce e gentile, pronto alla gratitudine. Accoglie chiunque con un sorriso appena accennato, lei, che ha raggiunto questo traguardo senza bisogno di alcuna medicina, senza occhiali per leggere.

Tre i figli – Paola, Lidia e Gianpaolo –  sei i nipoti –  Sara, Luca, Mara, Cristian, Giorgia, Anna – cinque i pronipoti – Nicolò, Matilde, Michele, Matteo, Carlo.

Si illumina ancora quando vede i bambini, perché li ha sempre amati.

Il suo segreto di longevità sta nel mangiare regolare, poco e sano. Spesso, la sua cena è stata una scodella di latte e, tuttora, la sua colazione è costituita dal gradito latte con biscotti e fette biscottate.

Il suo augurio è di avere la sua salute, di amare la famiglia, evitando le discussioni e le arrabbiature.

“La famiglia è tutto” sostiene.

SEDEGLIANO

Eppure Studiamo felici… due ore di divertente scuola. Forse, come quella che dovrebbe essere.

Nel teatro “Plinio Clabassi” il tutto esaurito era decretato da tempo.

Le rosse poltroncine hanno accolto le famiglie.  Un miracolo? No, semmai un nome: Enrico Galiano, pordenonese, classe 1977, insegnante di letteratura a Chions, dichiarato tra i dieci insegnanti più amati del web.  Amante della bici, in sella si reca alle presentazioni. Attore, performer, scrittore: un multitasking, si dice, oggi.

Tanti i suoi libri – li ho letti tutti – sugli adolescenti, sul loro sentire e desiderare e sperare e agire.

Il Prof. Galiano li capisce e non è un fatto eccezionale.

Li conosce, perché li osserva, sta loro accanto, li ascolta, ne sente il vibrare più intimo, quello inespresso, quello inespressibile.

E ne scrive: ecco perché è amato dai ragazzi, ma anche dai loro genitori, che, grazie ai suoi libri, entrano – in punta di piedi – nella testa e nel cuore dei loro figli e nipoti.

A Sedegliano, Galiano si è presentato con scarpe da ginnastica bianche, camicia bianca e cravattina nera, abbinata ai pantaloni. Un bel guardare, insomma.

Con lui, sul palco, il musicista-cantante-attore Pablo Perissinotto. Armato di chitarra, baschetto e baffetto, ne ha condiviso lo spettacolo, abilmente strutturato a misura dei ragazzi d’oggi: agile, attrattivo, ritmato. Addirittura scomodando Rodari, Dante, Michelangelo, Baudelaire, Galilei, Tenco, e, perfino, il vocabolario Zingarelli. Diffondendo il messaggio dell’Onlus Still Irise, fondata da Nicolò Govoni, che costruisce scuole nei paesi più difficili. E sono molto, molto migliori delle nostre!

Due ore di spettacolo-puzzle, come fosse un giorno di scuola qualsiasi.

Prima ora: grammatica.

Seconda: mitologia.

Terza: letteratura.

Quarta: storia.

Ricreazione.

Quinta: Dante.

Dalla Hit parade degli strafalcioni sul web a una vera e propria lezione sull’apostrofo: qualcosa che, prima, c’era e, poi, non c’è più.

Altrochè se si impara, così.  “Lorgoglio non serve, l’apostrofo, sì”.

Perché scrivere bene è questione di gentilezza, come preparare il pranzo o il sale o due ragazze gelose. Perché la grammatica fa la foto della lingua.

Mitologia? Favola che dà ogni risposta.

Per esempio: “Perché il mondo va così male?” Ecco la risposta di Dante: “Ci sono due grandi forze, natura e fortuna, e stanno dentro ognuno di noi. Tutti siamo opere d’arte e, ciò che dobbiamo fare, è far loro spazio per uscire”.

A “Cara maestra” e “Meraviglioso”, canzone conclusiva, Galiano e Perissinotto hanno affidato i messaggi di bene, per una scuola e una società con la S maiuscola.

 

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pierina gallina

Ho un nome e un cognome che non si dimenticano. Sono appassionata di scrittura, poesia, viaggi, libri e persone, in particolare bambini e saggi. Ho pubblicato cinque libri e sono una felice nonna di 7 nipoti, da 6 a 18 anni, mamma di tre splendide ragazze, e moglie di un solo marito da quasi 50 anni. Una vita da maestra e giornalista, sono attratta dalla felicità e dalla medianità, dallo studio della musica e degli angeli. Vi racconto di libri, bambini, nonni, viaggi, e del mio Friuli di mezzo, dove sono nata e sto di casa, con i suoi eventi e i suoi personaggi. Io continuo a scrivere perchè mi piace troppo. Spero di incontrarti tra i fatti e le parole. A rileggerci allora...

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