CODROIPO (UD): MAURA SONEGO, RICERCATRICE AL CRO DI AVIANO, PROTAGONISTA DI UNO STUDIO SUL TUMORE ALL’OVAIO 14 maggio 2019
Ilenia Pellarin, Gustavo Baldassarre,Maura Sonego |
Abita a Codroipo, Maura Sonego, classe 1978, la ricercatrice al Cro di Aviano che, insieme alla collega Ilenia Pellarin, ha scoperto il sistema per bloccare la recidiva nel tumore all’ovaio.
Originaria di Sacile, è sposata con il codroipese Andrea Sambucco, ingegnere elettronico, e hanno due bambini, Sofia di sei anni e Niccolò di quattro.
Laureata in Biologia e Biotecnologia, dal 2004 Maura opera come ricercatrice al Cro di Aviano e lei stessa dice ” La ricerca è dura a volte. Con alti e bassi, piano piano, passo dopo passo,
siamo arrivati a questo risultato che a noi dà molta soddisfazione. Ciò che è stato scoperto e pubblicato sulla prestigiosa rivista Science Advances, edita dalla American
Association for the Advancement of Science (AAAS), può
cambiare il futuro della cura dei tumori all’ovaio”.
Comprendere i meccanismi alla base delle recidive nei tumori epiteliali dell’ovaio resistenti al trattamento chemioterapico post intervento, è uno dei principali argomenti di ricerca nel laboratorio di Oncologia Molecolare del Cro di Aviano diretto da Gustavo Baldassarre. Il cammino è lungo, ma nelle scorse settimane gli esiti di una ricerca condotta da Maura Sonego e Ilenia Pellarin, focalizzatesi proprio su questo specifico task, ha individuato un percorso per bloccare proprio uno di quei meccanismi. Dopo 5 anni di studi e ricerche, hanno individuato il gene che consente
alle cellule dell’ovaio di sopravvivere alla chemioterapia
Il risultato della ricerca ha potenziali risvolti applicativi molto promettenti e apre una finestra sulla speranza di poter combattere i tumori epiteliali dell’ovaio che rappresentano una patologia ancora particolarmente difficile da
vincere con le terapie in uso. In Italia si stimano circa 5.000 nuovi
casi ogni anno e, a oggi, la sopravvivenza a 5 anni delle pazienti
affette da questo tipo tumore è ancora molto bassa rispetto ad altri tipi di tumori.
Gli studi sono condotti a livello
preclinico grazie a un team di collaboratori interno ed esterno al CRO quali le Università Sapienza di Roma, Grenoble e
Vienna e l’IRCCS Pascale di Napoli
e finanziati da agenzie
non profit fra cui il Ministero della Salute, l’AIRC e dal CRO stesso.
Maura gode della stima di tutta la città di Codroipo oltre che di tutte le donne che, grazie anche al suo operato, potranno avere maggiori opportunità di guarigione.
E’ PROTAGONISTA DI UNO STUDIO SUL TUMORE ALL’OVAIO
al Cro di Aviano che, insieme alla collega Ilenia Pellarin,
ha scoperto il sistema per bloccare la recidiva nel tumore
all’ovaio.
Originaria di Sacile, è sposata con il codroipese Andrea Sambucco, ingegnere
elettronico, e hanno due bambini, Sofia di sei anni e Niccolò di quattro.
ma la scoperta sua e della sua equipe è troppo importante per passare
inosservata. Laureata in Biologia e Biotecnologia, dal 2004 Maura opera
come ricercatrice al Cro di Aviano e lei stessa dice “La ricerca è dura a
volte. Con alti e bassi, piano piano, passo dopo passo, siamo arrivati a questo
risultato che a noi dà molta soddisfazione. Ciò che è stato scoperto e
pubblicato sulla prestigiosa rivista Science Advances, edita dalla American
Association for the Advancement of Science (AAAS), può cambiare il futuro della
cura dei tumori all’ovaio”.
Comprendere i meccanismi alla base delle recidive nei tumori epiteliali
dell’ovaio resistenti al trattamento chemioterapico post intervento, è uno dei
principali argomenti di ricerca nel laboratorio di Oncologia Molecolare del
Cro di Aviano diretto da Gustavo Baldassarre. Il cammino è
lungo, ma gli esiti di una ricerca
condotta da Maura Sonego e Ilenia Pellarin,
focalizzatesi proprio su questo specifico task, ha individuato un percorso per
bloccare proprio uno di quei meccanismi. Dopo 5 anni di studi e
ricerche, hanno individuato il gene che consente alle cellule dell’ovaio di
sopravvivere alla chemioterapia
Il risultato della ricerca ha potenziali risvolti applicativi molto
promettenti e apre una finestra sulla speranza di poter combattere i
tumori epiteliali dell’ovaio che rappresentano una patologia ancora
particolarmente difficile da vincere con le terapie in uso. In Italia
si stimano circa 5.000 nuovi casi ogni anno e, a oggi, la sopravvivenza a 5
anni delle pazienti affette da questo tipo tumore è ancora molto bassa
rispetto ad altri tipi di tumori.
Gli studi sono condotti a livello preclinico grazie a un team di
collaboratori interno ed esterno al CRO quali le Università Sapienza di Roma,
Grenoble e Vienna e l’IRCCS Pascale di Napoli
e finanziati da agenzie non profit fra cui il Ministero della Salute, l’AIRC e
dal CRO stesso
semplici in cosa consiste la vostra ricerca?
Il nostro studio ha dimostrato come, in seguito al trattamento con la
chemioterapia, le cellule tumorali dell’ovaio attivino una proteina
(chiamata USP1) che induce all’interno della cellula tumorale stessa dei
cambiamenti cellulari che permettono alle cellule di sopravvivere al
trattamento con la chemioterapia stessa. Abbiamo dimostrato che se blocchiamo
l’attività di questa proteina nelle cellule di tumore ovarico queste divengono più
sensibili alla chemioterapia e non sono più in grado di metastatizzare.
In cosa potrebbe migliorare la qualità della vita delle donne
operate alle ovaie?
Questa nostra ricerca è stata condotta, per il momento, solo a livello
pre-clinico, cioè non è ancora stato applicata all’uomo. Ma mette le basi per
poter condurre ulteriori studi per poter disegnare dei clinical trial in cui le
pazienti con tumore ovarico possano beneficiare di una combinazione terapeutica
più mirata, più specifica per ogni paziente e potenzialmente più efficace.
Cosa hai provato come ricercatrice e donna dopo la scoperta?
Questo lavoro è un lavoro diverso da tutti gli altri, complicato da
spiegare a una persona che non lo fa (mio marito e la mia famiglia ancora non
lo hanno capito fin in fondo). E’ un lavoro duro e con poche soddisfazioni.
Bisogna avere tanta tenacia, passione e costanza e crederci sempre, senza
mollare. Questa scoperta è la ricompensa di tanti anni di questo duro lavoro.
Tu sei moglie e madre di due bambini. Come riesci a
conciliare l’attività lavorativa con quella professionale?
Una volta ero un’atleta (ho giocato per quasi 25 anni a pallavolo) e quindi
sono allenata a correre e saltare di qua e di là.
A parte gli scherzi, i sacrifici sono tanti. Da quando ci svegliamo la
mattina a quando andiamo a dormire siamo sempre di corsa per cercare di
incastrare tutto (credo come tante altre
famiglie). In questo, per fortuna, ci
sono i super nonni che ci danno una mano coi bambini. Senza di loro sarebbe
sicuramente molto, molto più complicato. A volte, anche quando non sono al
lavoro, devo accendere il computer e lavorare e non è semplice farlo capire agli altri, soprattutto ai
bambini. Ecco… mi piacerebbe stare molto di più coi miei bimbi che crescono
troppo in fretta, ma cerco di sfruttare al meglio il tempo quando siamo
insieme.
Hai conseguito vari titoli di studio e più
lauree, ma quando è iniziata la tua passione per la ricerca?
Alle medie. Io ho sempre saputo, fin da piccola, di voler fare questo lavoro e ancora
oggi credo sia il lavoro più bello del mondo.
Quale era il tuo gioco preferito da bambina?
Giocare a pallavolo.
Chi ti senti di ringraziare per riuscire a fare il tuo
lavoro ideale?
Tantissime persone ma se devo scegliere tra tutti… innanzitutto i miei genitori
che mi hanno permesso di andare all’Università e mi hanno sempre supportato e
aiutato. Poi mio marito e i miei bambini perchè mi sopportano tutti i giorni.
Loro sono la luce della mia vita e la “casa” dove rifugiarmi sempre. Infine il
mio capo (Gustavo) per avermi “accolto” nel suo laboratorio e aiutarmi ogni
giorno a diventare una ricercatrice migliore.
Qual è il tuo sogno nel cassetto? O cosa ti auguri nel futuro
professionale?
Dire “trovare la cura contro il cancro” sarebbe un po’ troppo scontato e
utopistico. Mi piacerebbe che le nostre ricerche un giorno potessero aiutare gli altri a stare meglio.
che di tutte le donne che, grazie anche al suo operato, potrebbero avere maggiori
opportunità di guarigione.