Corso FOTOGIORNALISMO e DEONTOLOGIA – Udine
17 febbraio 2016: Corso per giornalisti con Fabio Amodeo Responsabile della sezione fotografia del mensile Arte; direttore responsabile della rivista d’arte Juliet. Già docente all’Università IULM di Milano e all’Università di Trieste Scrittore, ha pubblicato libri con Mondadori, Feltrinelli, Lint, MGS Press, Motta Editore, Alinari, Editoriale Friuli Venezia Giulia, Libreria Editrice Goriziana. Insieme al giornalista Amos D’Antoni ha presenziato al corso all’Università di Udine.
“Fotogiornalismo e deontologia” il titolo.
“C’è una distanza culturale forte tra le parole e i fatti” – ha esordito Amodeo. Ha trattato poi la storia della fotografia.
“L’invenzione della fotografia è iniziata nel 1839 davanti al parlamento francese. Già prima i pittori usavano uno strumento simile alla macchina fotografica, la camera oscura, che consentiva la lettura delle immagini, per la visione prospettica e per tracciare su carta velina i paesaggi.
Galileo Galilei voleva vedere il cielo e, da lui, la camera oscura fece un passo avanti. Cosa le mancava? Il materiale sensibile che, colpito dalla luce, venisse modificato. Altro problema era rendere permanente l’immagine.
Jacques Louis Mandé Daguerre presentò nel gennaio del 1839 a Parigi, il dagherrotipo, utilizzando una lastra di rame argentato. Le dimensioni erano variabili a partire dalla cosiddetta “lastra intera”, di circa 16 x 21 cm. La lastra veniva perfettamente lucidata e pulita, in modo da diventare uno specchio; a questo punto era pronta per essere resa sensibile alla luce. La si poneva all’interno di una scatola costruita appositamente nella quale veniva sensibilizzata ai vapori di iodio e successivamente esposta alla luce. Il tempo di esposizione poteva variare da alcuni secondi ad alcuni minuti a seconda della quantità di luce disponibile. Non esistevano otturatori e l’esposizione avveniva semplicemente togliendo e rimettendo a posto il tappo dell’obiettivo.
Dopo l’esposizione, per rendere visibile l’immagine, la lastra doveva essere sviluppata all’interno di un secondo contenitore per mezzo di vapori di mercurio; infine veniva lavata con acqua distillata e messa ad asciugare. Ma si poteva solo guardarla. Poi arrivò la matrice automatica e si avviò la propaganda di Napoleone, la strage di Waterloo. la fotografia prometteva di diventare un mezzo di divulgazione di massa. Ma non c’era ancora la stampa di un gran numero di immagini. La foto era orfana della tecnica. Tra il 1870 e il 1920 molte furono le invenzioni in grado di cambiare la vita: telegrafo, telefono, radio, motore a scoppio, trasmissione a distanza, ovvero le radici della nostra rivoluzione tecnologica. I primi fotografi usavano solo la luce del sole. Poi Arturo Malignani inventò l’elettricità che Edison fece diventare luce e i fratelli Lumière fonte luminosa, dopo il 1890. Agli inizi del 1900 la fotografia era limitata alla camera oscura, scatto, sviluppo, stampa. Il fotografo usava il vagone fotografico o il carro trainato dai cavalli con la tenda per la camera oscura. La fotografia era per poche persone e per la propaganda politica.
Nascono le foto stampabili. I libri e i giornali con le figure
La prima a essere fotografata fu la guerra. Dopo quella di Crimea, la guerra civile americana.
1870: Parigi: nasce la Comune di Parigi che verrà sconfitta dal governo prussiano in un bagno di sangue.
Nascono le fotografie stampabili per libri e giornali con figure. Nel 1880 nasce l’editoria con foto. Poi la rivoluzione della KODAK che inventa le gelatine stabili nel tempo. E’ la madre dell’industria fotografica che fornisce la lastra, poi pellicola flessibile. Costo: 25 dollari per 100 scatti. Si mandava alla Kodak il rullino e per 2 dollari si ricevevano a casa le immagini stampate e un’altra ricarica. Era la prima stagione della produzione di massa, cui seguiva il laboratorio a colori e poi l’era digitale.
Iniziavano i reportage come questo di Vienna.
Poi la 1° guerra mondiale. Fotografata ma non diffusa.
1933: Nazismo. I fotografi bravi emigrano.
2° guerra mondiale: guerra fotografica, parata fotografica e fotogiornalismo.
Foto con bandiera e fumo – Berlino – è diventata francobollo. Documenta la presa di Berlino da parte dei russi: la foto fu censurata dal commissario russo perché al braccio del soldato che tiene la bandiera c’erano due orologi, segno evidente di saccheggi. Ma il fotografo con un pennello li fece sparire, inventando il primo Photoshop. La bandiera era una tovaglia rossa cui il fotografo aveva fatto cucire da un sarto la falce e il martello. Era poi salito sul tetto e aveva chiesto a un soldato se se la sentiva di sventolare la bandiera per la fotografia. Il soldato disse di sì, a patto che qualcuno gli tenesse la gamba.
L’immagine simboleggia la vittoria dei russi sui tedeschi.
Alla fotografia veniva affidata la verità perché la foto può mentire o dire la verità: dipende dall’autore e dalla didascalia.
*Villaggio spagnolo con veglia funebre di
William Eugene Smith, il fotografo documentarista statunitense, famoso per i suoi scatti di guerra nel corso del secondo conflitto mondiale e per i suoi famosi saggi fotografici: Il medico di campagna, La levatrice, Un uomo di carità e Il villaggio spagnolo, pubblicati per la più importante delle riviste dell’epoca: Life. Uno dei più grandi fotoreporter della storia della fotografia, il massimo esponente, insieme a Robert Capa, dell’innesto del fotoreportage europeo in quello americano. Aveva la capacità di vedere, stampava le foto nere, le lavava e stendeva in bagno. Con la doccia e l’indebolitore delle forme dava le pennellate d’acqua. Aveva grande capacità di fare i grigi. Durante una battaglia a fianco dei marines fu colpito da una bomba e fu convalescente per 4 anni. La foto “The Walk to Paradise Garden”, la prima scattata dopo l’incidente di guerra, rappresenta i suoi due figli che camminano mano nella mano in un bosco è una delle immagini da lui più amate
La foto ha fondi neri e bianchi abbaglianti.
1973: Giappone, nel periodo in cui nascevano bimbi deformi per effetto del mercurio entrato nel regime alimentare. Foto con Tomioko, bambina deforme, con le madre che le fa il bagno alle 15.00. L’immagine costruita con il flash pesa sulle coscienze mondiali. Fu destinata a cambiare il modo rassegnato con cui si affrontavano i problemi ambientali. Conseguentemente al suo impegno ambientale in Giappone, anche attraverso il suo ultimo reportage “Minamata” con il quale denunciava gli effetti dell’inquinamento da mercurio in un villaggio di pescatori, fu picchiato a sangue da teppisti assoldati da una azienda chimica. Le lesioni subite lo portano alla perdita quasi totale della vista, ma ciò non gli ha negato di continuare, attraverso la sua voce e le sue opere, di insegnare e tramandare la sua concezione artistica. Dopo la morte l’erede Ekine regalò la proprietà della foto ai genitori di Tomioko.
“Non ho mai scattato una foto, buona o cattiva, senza che mi provocasse un turbamento emotivo.” Questo aforisma riassume il concetto di fotografia di Eugene Smith. Attraverso i suoi scatti, l’artista è riuscito a raccontare storie di vita toccando le emozioni e la coscienza degli spettatori. Lo spirito che ha caratterizzato il suo approccio verso il suo lavoro è incentrato nell’azione. Come dimostrato durante la campagna nel Pacifico, Eugene Smith fotografava a terra, in mare e in aria, sperando di riuscire a comunicare simbolicamente il senso della esperienza della guerra, e, come da lui stesso affermato, “affondare nel cuore dell’immagine”.
1950: nascono i paparazzi. Foto dello spogliarello scattata al Rugantino di Roma, da un amico di Fellini.
Foto di Agnelli nudo
Marlon Brando
Carla Bruni
1980: nascono le macchine digitali autofocus che spazzano via la fotografia tradizionale. Con l’avvento dei computer, telefoni satellitari, le immagini sono in redazione nel giro di 5 minuti. Non esiste più il fuori sacco ovvero buste speciali inviate via treno ai giornali.
Le immagini riempiono i giornali… Madre Teresa e Lady Diana
Dodi Al-Fayed e Diana Spencer