“DALLE PIETRE USCI’ IL CANTO”: con Coro ANA di Codroipo e Teatrando, per i 40 anni del terremoto in Friuli – 11 febbraio 2017 SEDEGLIANO (UD)
un canto” a ricordare il terremoto
della Scuola di Musica “Città di Codroipo”, preparato e diretto dalla prof.ssa
Monica Aguzzi, e il coro ANA di
Codroipo, diretto dal m° Massimiliano Golin, hanno messo in scena un connubio
vincente di parole, interpretazione e canzoni.
tra l’interpretazione magistrale dei dieci ragazzi di Teatrando e i canti del
Coro Ana, ha suscitato magica incredulità
ed emozione per gli importanti contenuti espressi.
anni e capiscono cosa hanno avuto in
eredità da coetanei inghiottiti dall’Orcolat e ne colgono il testimone
affinchè non debbano morire i sapori e le emozioni del loro mondo
inghiottito dal terremoto.
dello spettacolo, infatti, era
incentrata nel gioco del testamento di dieci ragazzi in un cimitero, in una
sorta di prova di coraggio, la sera del 6 maggio 1976.
scelto un oggetto da lasciare per chi l’avesse trovato tra cent’anni, una sorta
di richiesta di non dimenticare la loro lingua, gli affetti, la storia. Un
mestolo di legno, un telefono, un rullino, una radio, una lettera del nonno, un
libro, la bicicletta, gli occhiali per vedere nel futuro ovvero nel 2016.
fine un boato e l’Orcolat li ha portati via. Ma non abbastanza lontano da
essere dimenticati.
conclusione, l’applauditissimo fuori programma che ha visto fondersi in un
unico coro i ragazzi e i cantori
dell’ANA di Codroipo per interpretare insieme “Sul cappello che noi portiamo” una delle più
famose canzoni degli alpini.
Sedegliano, lo spettacolo non è improntato
sul nostalgico ma si rivela opportunità per ripensare al tempo passato, ai riflessi che ha sul presente e alla proiezione futura, con l’assunzione di
responsabilità da parte di ognuno di noi per ciò che accadrà.
Codroipo” Elena Blessano ha riassunto lo spettacolo in memoria dei 40 anni
dal terremoto così: “Un gruppo di ragazzi (i “Seniors” del
dipartimento di teatro della Scuola di Musica “Città di Codroipo”),
un coro di Alpini (Coro Ana, sezione Codroipo), una regista e sceneggiatrice
d’eccezione (Monica Aguzzi), un direttore del coro sensibile e preciso
(Massimiliano Golin).
lacrime. Emozioni speciali“
entrano i ragazzi vestiti di bianco.
Sono a una festa di compleanno di uno di loro. Sono allegri. Sono appena
tornati dal gioco del testamento in cimitero. Poi un boato. Tutto trema.
“Siamo finiti nella pancia dell’Orcolat”.
Ricordano quella sera e il gioco del
testamento e del coraggio. Mettono anelli
di stagioni nelle dita delle mani. E poi il canto del Coro… “ La fiaba di un
sorriso che ha cercato i nostri occhi
col profumo delle viole… Il vecchio gelso mette fiabe di sorrisi come
anelli nelle mani. E ricama ancora il sole.”
Colpo di scena.
Torna la storia
di 40 anni fa. “Che messaggio vuoi lasciare alle generazioni future? La morte significa anche vita. Siamo in cimitero. Ho portato il mestolo di legno. Se fra 100
anni qualcuno dovesse trovarlo voglio che senta il sapore del fr
ico.Il Coro canta “Amici miei, venite
qui, cantate insieme a me”.
Intanto i ragazzi sono immobili durante tutta la
canzone poi un ragazzo porta la bicicletta che gli ha regalato suo nonno.
E’ piena di vento e di fango nei campi. “Pree frut”.. dice la voce fuori campo “conta
solo sulle tue forze. La vita è fatta di vento buono e di burrasca”.
Il Coro
canta “Sul cappello che noi portiamo c’è una lunga penna
nera che a noi serve da bandiera … coglieremo stelle alpine x portarle alle bambine”.
Un altro ragazzo porta la radio che faceva
muovere le dita della nonna. “ Tutto
esce dalle mie dita e allora accendo la
radio e canto così mia nonna esce dal
guscio e io canto si perché è un modo
per uscire dalle pietre .
Se troverete questa radio fate cantare ancora le canzoni di mia nonna.
Non dimenticate la nostra lingua e il suo colore”.
scolpide lì tal cret. Sot di lor jo duar
cuiet”. Ecco un altro ragazzo alzarsi in piedi e portare un telefono. “Diventa
la tua casa per sopportare la distanza un filo che tiene unito chi è lontano”.
Una
ragazza porta un libro che il nonno le ha aggiustato. “ Perché le cose che
vengono dal passato non possono morire” Il Coro
canta il Vento… ritorna ritorna ancora la voce del silenzio ritorna ancora
sulla prima neve … ritorna la voce della pace dai brividi segreti di un coro
di montagna dai prati delle storie”. Un altro ragazzo porta un rullino fotografico da cui far entrare dentro l’
anima. “ Click e fermo il tempo… fermo
il sorriso di mia madre e la faccia di
mio nonno quando mangia la prima zucchina. La foto è un racconto muto”. Il Coro
canta “Sopra i prati danza già il vento
della rugiada. Scende sui prati l’ ora della sera, salgono sui tetti voci di preghiera”. Poi un altro ragazzo presenta la lettera con
il racconto del nonno e un altro ancora la nostalgi aper la sua terra. “ La bellezza nasconde la sofferenza che si nutre della vita per farle crescere le ali”. Il Coro
canta “ Io parto. Addio, non so
se tornerò. Qui lascio il mio cuor.
Montagne addio, non vi scorderò”. Una ragazza porta gli occhiali che vedono il futuro
e guarda nel 2016… le auto velocissime, poche bici, lunga fila
che parte dall’Africa e va su fino alla Svezia. Come mai? Ci sarà un concerto o un nuovo supermercato? Tanti pesci
che galleggiano… ma quelli non sono pesci… nuovi muri di silenzi disperati”.
Il Coro canta “ Signore delle cime, un
nostro amico ha chiesto alla montagna ma ti preghiamo su nel paradiso lascialo andare per
le tue montagne”.
Le storie vogliono lottare per un nuovo compimento, per
celebrare
la speranza di non essere dimenticati sotto le pietre. Solo così sarà maggio. Il Coro canta “ Maggio e ancora maggio di silenzi e fiordalisi
con i giochi della sera … dal tarassaco alla neve… sarà il tempo dei tuoi occhi
sull’ azzurro di genziana tra i silenzi dei narcisi. Sarà maggio e ancora
maggio nel tuo cuore… vieni Signore perché anche la morte non sarà
più”.
Un telo trasparente copre i ragazzi, stesi
mentre il Coro canta “ Il fret al e culi… e al pluf al pluf ( il freddo è qui… e piove e piove)“. Come tutto il tempo dello spettacolo che ha
insegnato e insegnerà come i ragazzi siano la speranza per un domani di pace.
Le loro braccia spuntano dal telo. Mani
aperte. Un momento toccante.
Oltre le parole.
Con i fatti. Perché tutti i testi – cosa apprezzabilissima – sono scritti da
loro, da questi ragazzi.
Anche la sincerità è il loro
patrimonio.
Marilena
spettacolo da ricordare e ben organizzato