“IL CALICE DI SAN GIOVANNI” di PAOLO MORGANTI VARMO -UD
La Città d’Oro, capitale cristiana del regno bizantino, sta agonizzando, tradita dall’esercito crociato in cammino verso Gerusalemme, durante lo svolgersi della Quarta Crociata.
I cavalieri dell’Ordine di san Giovanni assistono impotenti all’eccidio, ma riescono a salvare dal saccheggio una preziosa reliquia dai poteri taumaturgici. Il Gran Maestro dell’Ordine, Guglielmo da Cividale, incarica segretamente Asquìno di Varmo di portarla in salvo in Italia.
Friuli, 1529
La contea di Belgrado è scossa dalla morte per tifo del conte Gerolamo Savorgnan. Quando la stessa malattia sembra aver colpito il conte Leonardo di Varmo, capitano dei benandanti, il pievano pre’ Michele Soravìto e lo speziale Martino da Madrìsio sospettano si tratti invece di avvelenamento.
Contemporaneamente, durante alcuni lavori di ristrutturazione nel monastero di Santa Maria di Vendoglio, crolla un pavimento e, in un grande sotterraneo, ritorna alla luce una misteriosa architettura che risale all’epoca della Quarta Crociata.
Nel corso delle indagini, il pievano e lo speziale, nei panni d’investigatori dilettanti, fanno la conoscenza di un monaco eretico, fra’ Riccardo Memling, che vive presso l’Ospitale di san Tomaso di Susans. Lui si rivelerà essere il depositario dell’antica dottrina gnòstica giovannita, nonché il legame con i leggendari cavalieri di san Giovanni.
Inizia così per loro un’avventura ai limiti della Fede e della conoscenza più profonda delle cose terrene e di quelle spirituali, che li conduce in un viaggio mistico a ritroso nel tempo, a quando l’apostolo Giovanni compiva miracoli in Asia Minore.
Se ciò non bastasse, incontrano sul loro cammino dei misteriosi cavalieri vestiti di nero, che seminano la morte e il terrore nella contea.
Toccherà a Martino e pre’ Michele, in un crescendo di violenza, sconvolgenti rivelazioni e strani fenomeni naturali e soprannaturali, risolvere il tutto e riportare la pace nella contea.
Esterno chiesa di S. Marizzutta (Varmo – UD)
Varcata la soglia della chiesa, la sorpresa si fa meraviglia.
San Giovanni è sul tavolo con tovaglia rossa.
Interno della chiesa datata 1768. E’ il frutto di un “Miracolo del cuore e della generosità” . La chiesa era chiusa dal 1971 perché tutto era stato rubato. Gli uccelli dimoravano qui, entrando dalle finestre nude. Rubato tutto, perfino la parte alta del battistero.
Statua di S. Anna, recentemente restaurata a cura della Regione.
Calano le luci, si spengono e rimangono solo le candele accese. Quasi si percepisce il respiro dei benandanti! Sono lì, nella testa.
E’ l’anno 1529. La lettrice di “Sot la nape” riporta indietro le lancette di un misterioso orologio nella Contea di Varmo…
Coro “Lis notis dal timp” di Zompicchia (Codroipo – Udine) canta “Sciarazzule, marazzule” scritto nel 1500 da Giorgio Mainardi e utilizzato dai benandanti per invocare la pioggia.
Direttrice Milena Della Mora Paolo Morganti: “Ho immaginato nel libro che i cavalieri di San Giovanni, legati all’esercito dei crociati, avessero salvato il salvabile tra cui il Calice di San Giovanni che, secondo la leggenda, aveva poteri taumaturgici. Il Conte Leonardo di Varmo è malato e ne ha bisogno. Il cavaliere S. Giovanni lo salva e il calice viene portato a Varmo. La prima parte del libro si svolge a San Tomaso di Majano, nell’antico hospitale giovannita fondato da Leonardo di Varmo, attualmente oggetto di un intelligente e affascinante lavoro di restauro.
Gli attori di “Sot la Nape” interpretano Pre Michele e Martino da Madrisio.
E’ la coppia classica di due persone che litigano sempre ma sono amici.
Si immagina nel libro che essi vadano a vedere cosa succede nell’hospital. Martino va da solo e assiste ad un rito particolare: la Messa comunitaria dei cavalieri di San Giovanni, con il rito del calice. Essi portano la croce bianca, la spada al fianco, il capo scoperto e reggono l’elmo con le mani. La luce delle candele riflette sulle armature. Cantano l’Inno di San Giovanni Battista, loro patrono, facendo accapponare la pelle nell’ascoltarli.
Pre Michele, interpretato dall’attore Massimo Govetto, ha la passione per il cibo, in un periodo storico in cui non compaiono ancora le patate, il mais, il pomodoro.
In scena la polenta
Il Coro canta l’Inno di san Giovanni. 4 coriste sull’altare e 4 in fondo alla chiesa, per un effetto eco in dissonanza, insolito e suadente. le note sono state scritte da Guido d’Arezzo.
L’immersione in un tempo illogico ed etereo è totale
Paolo MorgantiAltri due personaggi: Martino, intelligente ma un po’ tonto, e Meliga, popolana benandante, sfrontata, sanguigna ed intelligente.
Paolo Morganti: “Ho cercato di dare forza alle presenze femminili perché vedo che la donna friulana è intelligente e fa credere all’uomo di decidere ma è lei a decidere tutto”.
Morganti “Il libro si conclude in questa chiesa. la storia, dal 1200 al 1500 confluisce qui. Santa Marizza è un posto particolare, un luogo devozionale di grande suggestione. Dietro il luogo sacro si cela il luogo di dolore, accanto alla porta del limbo. Da qui dovevano entrare i bimbi morti senza battersimo, senza benedizione. In questi luoghi c’erano tantissimi topi che mettevano a repentaglio la vita stessa degli abitanti. per questo, ogni anno, si faceva l’esorcismo contro i topi ( e la messa si fa ancora).
Il libro finisce, e bene, in questa chiesa.
Claudio Beltrame, coordinatore Comitato Spontaneo Pro chiesa, ringrazia Paolo Morganti per aver terminato qui il giallo rinascimentale.
Don Franco
Porta del Limbo nell’adiacente cimitero.