IL PAESE – Magazine di cultura e informazione del Medio Friuli – settembre 2017
DI NUOTO sul Lago Balaton
gara massacrante di nuoto sul Lago Balaton, in terra ungherese.
chilometri che l’atleta codroipese Matteo Furlan ha percorso, nuotando con
grande grinta, per poco più di cinque ore.
nonostante un micidiale sprint. Ma è comunque
un grande risultato per Matteo, 28 anni, nato a San Vito al T, tesserato per
Marina Militare e team Veneto, che difendeva la medaglia di bronzo conquistata
due anni fa ai Mondiali in Kazan nella stessa gara.
devo essere contento per ciò che ho fatto” dichiara.
altri 25 atleti, nelle “calde” acque del lago Balaton, sopra i 25 gradi, Matteo ha iniziato la gara alle 8.30, stando
sempre nel gruppo di testa, insieme al compagno di squadra Ruffini, in
tandem. A fare il tifo per lui, mamma
Elena e papà Luca, arrivati al Balaton Fured
in sella alla loro Suzuki da strada, e la fidanzata Elena, anche lei
codroipese. La gara è molto impegnativa,
con giri del percorso, boe di “virata”, passaggi ai pontoni di rifornimento,
con i bastoni allungati nell’acqua a reggere bicchierini di plastica o
bottigliette, qualche cibo liquido per dare energia, sali minerali. Che tutto
questo si svolga per 25 chilometri sempre in acqua ha dell’incredibile. Ma per
Matteo è un’autentica passione che lo vede partecipare ai campionati italiani
giovanili nel 2006, salire alla ribalta nazionale grazie alla medaglia di
bronzo nei 1500m stile libero agli assoluti estivi 2011, dedicarsi allo stesso
tempo al nuoto di fondo prendendo parte alla Coppa LEN.
Mersin. Nel 2014 arriva il successo alla
27sima Universiade di Kazan’ con la medaglia d’oro. Due anni più tardi si
classifica al secondo posto nella stessa distanza durante le Universiadi di
Gwangju 2015. Si piazza al terzo posto nei 5 km ai campionati di Kazan’ 2015,
ottenendo successivamente il terzo posto anche nella 25 km.
Serracchiani, presidente Regione FVG. “ La medaglia d’argento di Matteo Furlan
nella 25 km di fondo ai mondiali di nuoto è un grande orgoglio per lo sport
friulano”, ha scritto.
BORTOLOTTI
a 10.500 metri di dislivello, in quattro giorni. In montagna, sul
“Sentiero della Pace” ovvero la Traversata Carnica, da San Candido a
Coccau.
dei progetti di psicomotricità nelle scuole dell’infanzia parrocchiali di
Camino e Codroipo e di borse di studio sportive per i giovani del codroipese e
dei comuni limitrofi.
Marcello Bortolotti, 42 anni di Passariano, è riuscita alla grande. Sei i
protagonisti che hanno corso sfidando i loro limiti. Superandoli. Dopo aver
affrontato il cancro come Vivaldo Lleshi o combattendo da oltre 10 anni contro
la sclerosi multipla come Luca Mestroni.
solo. Quest’anno il progetto “Idee di
corsa” l’ha voluto condividere con loro e con altre tre persone Daniele Rosset,
Luca Vivian e Lara Pegoraro che non avevano mai corso per più di venti
chilometri. Sono partiti il 3 agosto, alle 5 del mattino, da San Candido.
Quattro i giorni di corsa, attesa, sofferenza, dubbi, per un finale di gioia e
felicità. Ad accompagnarli lo staff
tecnico ovvero Serena Moras, Maria Bulfone, Mara Venier e Sara Bortolossi. Al loro arrivo, a Tarvisio, c’erano molti
amministratori del Medio Friuli ad accoglierli insieme a don Ivan Bettuzzi. Il
grazie di Bortolotti è andato alle
amministrazioni locali di Codroipo, Tarvisio, Bertiolo, Basiliano, Rivignano
Teor, Camino al Tagliamento, Varmo, Sedegliano, Asp Daniele Moro, Cai, Pro Loco
Risorgive Medio Friuli e ai vari partner.
montagna? Cosa rappresenta per lui correre, fin da piccolo, e spesso da solo?
padre. La corsa in montagna ti porta a doverti concentrare su quello che stai
facendo, su ogni singolo passo, su ogni movimento. Ti catapulta in una sorta di
ovatta e ti fa vivere ancora più intensamente ciò che ti circonda. E’ come se diventasse parte
di te, mescolandosi alle tue emozioni.
idee e la necessità di condividere, di far conoscere anche agli altri queste
emozioni, queste possibilità, e di mettere a disposizione la gioia che
provo. Spesso mi viene chiesto perché
faccio questa cosa. La risposta più semplice è “Perché mi dà felicità, mi
riempie”.
po’ alla volta, in ore e ora di allenamenti, di corse da solo. Poi è nata la
voglia di mettermi a disposizione per un progetto, portando altri a condividere
l’esperienza di correre per 177 km, di faticare per 40 ore, di soffrire. Perché
la corsa è anche sofferenza, fisica, mentale. Perché c’è sempre un momento in
cui si vuole mollare, quando il proprio corpo si ribella alla fatica. Quando
dico che vado in montagna da solo quasi tutti mi chiedono se ho paura di
trovare chissà quale belva, di perdermi o di andare incontro a chissà quale
pericolo. In realtà ho scoperto in questi anni che siamo noi stessi l’unico
pericolo. Da quando corro da solo, ho imparato a conoscere e a superare la
paura. In alcuni casi anche a giocarci, mantenendo sempre chiaro nella mia
mente che lo scopo di qualsiasi uscita non è la cima, non è arrivare in vetta,
ma è tornare a casa. Quindi, il vero viaggio finisce quando si ritorna dove si
è partiti”.
limiti da superare. E nuove sfide da vincere.