Il Ponte periodico del Medio Friuli marzo 2021
FIABA: I FOLLETTI COME MIMÌ
Età suggerita: 8 anni e più Mimì esiste per davvero ed è molto speciale. Piccola ma coraggiosa, sa rendere magico il suo mondo fatto di cose piccole, semplicissime, che trasforma in luminosi attimi di gioia. Quando Mimì è nata, il suo mondo assomigliava a una bolla di sapone. Bisognava stare attenti a non farla scoppiare.
Poi, è atterrata nel mondo grande, troppo grande per il suo, dove le cose non filano sempre nel verso giusto, ma dai grandi tesori. Lì ci sono folletti, che non sanno correre o camminare; altri che non sanno parlare, o dicono solo poche parole, altri che preferiscono stare zitti.
Mimì, invece, ti prende per mano e, se tu hai il tempo e voglia, ti spiega il suo mondo, disegnando parole con le dita. Se non comprendi, ti insegna la pazienza e non si arrabbia se sei distratto, o se capisci fischi per fiaschi. Al massimo alza gli occhi al cielo come a dire: “Ma guarda te, devo spiegare proprio tutto a questi capoccioni del mondo grande, che pretendono di sapere tutto e non capiscono che i folletti come me hanno bisogno di altre parole.”
Per esempio, se Mimì vuole dirti che il vestito che indossi è molto bello, te lo dice con i gesti, e si accorge se sei triste, allegro o preoccupato, perché lei sente quello che senti tu.
Se sei felice, lei raddoppia la tua gioia.
Se passa una nuvola di malinconia, lei ti abbraccia. Forte.
Secondo Mimì non puoi stare imbronciato per troppo tempo, perché la vita è buffa, colorata, e troppo breve per sprecarla con i musi lunghi.
Il suo gioco preferito è quello dei nomi. Se non ti conosce ancora, lei vede la tua cosa speciale e con quella ti chiamerà. Eh, sì, perché i nomi si indossano come un vestito che si può cambiare e, se per caso ti vien da ridere, per Mimì sei perfetto.
Temistocle, o Clarabella, o ciuffo in aria, per lei va bene lo stesso.
Le ore del tempo di Mimì non sono quelle dell’orologio, ma quelle della luce e della pancia. Quando il sole entra nella sua cameretta, vuol dire che è ora di svegliarsi e lei sa che sono le 7.30. Non si scappa, è una parola d’ordine.
Mimì va a scuola, ma lì non impara a scrivere, o a leggere, o a disegnare.
“Non tutti devono saper fare tutto” pensano i folletti del mondo piccolo di Mimì.
Loro sono troppo indaffarati a cogliere ogni piccolo dettaglio e a mostrarlo agli sbadati, che non se ne accorgono. I folletti come Mimì non vanno a scuola solo per imparare, ma per insegnare agli altri come, per esempio, essere gentili.
Loro sono così: dispettosi per scherzo, ma premurosi per davvero.
Non hanno timore di apparire strani, o diversi.
Ma, scusa, non siamo tutti diversi uno dall’altro?
Con Mimì, anche in una semplice passeggiata, devi essere pronto a ogni tipo di avventura.
Con lei non si va di corsa, perché si ferma a dare un soldino a un mendicante, chiede il nome a chiunque le si avvicini e, se vede un vecchietto solo sulla panchina, va a sedersi vicino e gli fa il solletico.
Così lui ride e lei fa un salto di pura felicità.
A Mimì piace la musica e succede che inizi a cantare qualsiasi cosa, dalla canzone dei coccodrilli all’inno nazionale, ballando e prendendo per mano chi le capita a tiro, senza badare se sia bello o brutto, giovane, vecchio, bianco o di colore.
Per Mimì la sola differenza sta nel tipo di cuore, tra quello aperto per sentire la bellezza della vita e quello chiuso dentro il guscio.
Mimì ama chiunque sia pronto a mettersi in gioco, abbia un cuore soffice e, possibilmente, ami la musica. Dove c’è musica c’è Mimì.
Per Mimì la sera è bello tornare a casa e aspettare che tutti, prima o poi, rincasino, tolgano il cappotto, mettano giù la borsa e le chiavi, indossino tuta e ciabatte e le facciano una coccola.
Nessuno deve mancare all’appello e nessuno deve uscire, perché la notte è delle streghette con la voce stridula e gli occhi di aquila che, a volte, cercano piccoli folletti per presentarli tipo alle vecchine di Biancaneve.
Ma, se ci sono le ciabatte, le vecchine non entrano e Mimì di questo è sicura.
Un’altra regola di Mimì è che alle 19.30 bisogna che in cucina qualcosa bolla in pentola.
Se vede che nessuno ci pensa, prende una patata, un pentolino e con gran rumore si arrabbia in cucina, finché qualcuno capisce e la aiuta.
I folletti come Mimì sanno di aver bisogno dei grandi, che la loro vita dipende da loro e dalla loro cura, che non deve cessare mai, neppure per un secondo. Per questo ringraziano per ogni cosa bella che succede.
Mimì insegna la gratitudine per le cose piccolissime, quelle come lei, che potrebbe apparire diversa, bizzarra, incomprensibile. Facile amare solo ciò che è levigato e perfetto come nella pubblicità della televisione!
Più difficile ciò che ti chiede di andare piano, fare fatica ma, in cambio, ti dà meraviglie e amore.
Mimì è nata piccola, un soldino di cacio, occhioni spalancati e fame di coccole, di un semino, di una foglia condita d’amore come cibo.
Mangiare per Mimì è stare seduti a un tavolo, ascoltare e farsi capire.
Eh, sì, Mimì ha tante cose da raccontare! Allora alza il ditino e chiede udienza. Sono molto educati i folletti del mondo di Mimì.
Ma attenzione! Sono rispettosi, ma pretendono rispetto.
Perché è così che funziona nel loro piccolo mondo dove sono gli unici, i veri, insuperabili maestri.
Grazie, grazie Mimì,
grazie di essere qui.
Grazie ai tuoi folletti,
meravigliosi come te.
Buonanotte.
“I Folletti come Mimì” , fa parte delle 52 fiabe sonore ideate durante il Lockdown 2020.. Per ascoltarle: www.pierinagallina.it/audio-fiabe. Saranno raccolte in un volume, “UN ANNO DA FIABA”, corredate da opere di altrettanti artisti e fotografi, locali e nazionali. Uscita prevista: primavera 2021
Camino al T (Ud)
Silvio Giavedoni, chef stellato con il suo Friuli nei piatti
Orgoglio tutto caminese è Silvio Giavedoni, classe 1982, figlio di Paola Asquini e Giuseppe. Sempre benvoluto per la simpatia e stimato per i successi in ambito culinario, è balzato spesso agli onori della cronaca come chef di fama internazionale. Sarà perché è scresciuto a stretto contatto dei sapori del forno-pasticceria dei nonni materni, Lucina e Silvio, da cui ha anche preso il nome, sarà per il talento innato, fatto sta che Silvio, già da piccolo, amava impastare pane e dolci, alimentando la sua passione per il mondo della cucina.
La sua carriera lo ha visto frequentare l’Istituto alberghiero di Aviano, diversi stage in vari ristoranti, tra cui la Corte Sconta di Venezia, la Rucola di Sirmione e lo stellato Miramonti l’Altro di Concesio (BS). Lo ha visto partire alla volta di Parigi dove, dal 2001 al 2002, ha lavorato da Pierre Gagnaire e poi all’hotel George V, a fianco dello chef Philippe Legendre. Nel 2003, lo chef stellato Massimiliano Alajmo de “Le Calandre” gli ha aperto le porte della sua cucina, consentendogli di mettere solide radici al talento, apripista di molteplici future esperienze a fianco di grandi professionisti. Il 2007 lo ha visto trasferirsi in Giappone, per l’apertura del ristorante “Calandrino”, nella grande Tokyo. Da qui, il ritorno, nel 2009, a “Le Calandre” per essere coinvolto nello sviluppo di diversi progetti gastronomici, tra cui la linea di gastronomia di In.gredienti, al ristorante Abc di Montecchia, cui si sono aggiunte le esperienze internazionali a Mosca, Singapore, Hong Kong San Francisco e Marrakesch. Approdato, in seguito, niente meno che al “Gran Caffè e Ristorante Quadri” a Venezia, il suo talento lo ha portato a Sarmeola di Ribano (Pd), a deliziare i palati del ristorante gourmet stellato “Le Calandre”, 3 stelle Michelin, di Massimiliano Alajmo.
Piatto dopo piatto, esperienza dopo esperienza internazionale, ora, Silvio si è avvicinato al suo paese di origine, Camino al Tagliamento (Ud), in virtù del ruolo di consulente al ristorante dell’Hotel Nodo, in Viale Duodo, a Codroipo. Dal 31 ottobre, infatti, è accanto allo Chef Bayram Ostreci, e di un inedito team di cucina giovane, incentrata sì, sul pesce, ma con concessioni gourmet alle eccellenze friulane. Anche se chef di fama internazionale, Silvio tiene ben strette le redini delle sue origini e del suo Friuli, che porta in tavola con legittimo orgoglio. Legittima, per chi lo ha visto crescere ma anche per lo conosce di fama, la curiosità di salutarlo di persona e, perché no, di assaggiare le sue sfiziose ricette. Dove? A Venezia o a Cortona d’inverno o al Nodo Hotel di Codroipo, in viale Duodo. Per la gioia dell’incontro o per gli eventi importanti!
Codroipo(Ud)
Fortunato e Antonella, i primi nella Stanza degli Abbracci in Casa di Riposo D. Moro
29 gennaio 2021: Taglio del nastro senza assembramenti ma carico di coinvolgente emozione, soprattutto nel momento in cui Fortunato Tonin, presidente dell’Associazione Alzheimer, insieme alla figlia Valentina, ha potuto abbracciare la moglie Antonella Vegnaduzzo, ospite della struttura. Aveva chiesto il rossetto, prima di entrare. E Gabriella e Marta, educatrici insieme a Gianpietro, glielo hanno messo. L’idea di averlo, pur sotto la mascherina, la faceva sentire bella per l’incontro tanto atteso con il suo sposo. Dal 7 marzo 2020, Fortunato e Antonella, genitori di Federica, Giulia e Valentina, e nonni di Eleonora, Matilde e Giovanni, non si toccavano. Da tre mesi non si vedevano, dato che Antonella era stata una delle ultime a debellare il Covid.
Lei, classe 1952, per 40 anni ha insegnato con dedizione alla scuola primaria di Codroipo. Appassionata di pittura, si è dedicata con successo all’acquerello. A 53 anni, i primi segni di una malattia che non le ha lasciato margine di miglioramento: l’Alzheimer. Da allora, Fortunato e le figlie le hanno dedicato ogni energia ma, dal 4 luglio 2019, hanno dovuto – loro malgrado – collocarla al Centro Alzheimer, all’interno della Casa di Riposo.
“Ti voglio bene, ti voglio bene” è stata la parola chiave dell’incontro, finalmente ravvicinato e tanto atteso. L’emozione si è espansa ai collaboratori della struttura e ai presenti: i sindaci Nicola Locatelli di Camino al Tagliamento e Fabio Marchetti di Codroipo, il presidente Asp D. Moro Giovanni Castaldo, il direttore della casa di riposo Valentina Battiston e di Bruna Mattiussi, direttore del Distretto, la stampa. «Il tocco è importante quando manca la parola come veicolo di espressione. Toccarsi fa fiorire la primavera» ha dichiarato Fortunato. Antonella, alla fine, aveva il viso roseo, illuminato, e salutava mandando baci con tutta se stessa.
D’ora in avanti, a Codroipo, nella Casa di Riposo D. Moro – covid free – la nostalgia dei cento ospiti e dei loro familiari sarà mitigata dalla Stanza degli abbracci, un’ installazione gonfiabile, quadrata, di nylon trasparente, con il tetto blu, inserita nella sala riunioni. Ha due fori rotondi dove il familiare mette le mani che raggiungono il proprio caro, ospite della struttura. Diventa, quasi, una magia guardarsi negli occhi, toccarsi, sorridersi e, perché no, lasciarsi andare all’emozione. Dal 7 marzo 2020, infatti, le visite erano consentite su appuntamento e per mezz’ora. Da dicembre, erano state sospese del tutto.
Dal 30 gennaio 2021, grazie alla donazione di un benefattore anonimo, cinque ospiti al giorno possono vedere i propri familiari, due al massimo e su appuntamento, per un tempo stabilito.
Tra un incontro e l’altro passano circa venti giorni, ma l’abbraccio, il tocco, lo scambio di sorrisi e lacrime, consente di alleggerire l’attesa di un’altra mezz’ora insieme, e non importa se si è divisi da teli di naylon trasparente!
Sedegliano(Ud)
Le mascherine d’arte e solidali di GIANNA CLABASSI
Cuce senza sosta, la signora Gianna, 83 anni, vedova del basso lirico Plinio Clabassi (1920-1984), noto nel mondo per aver solcato i palcoscenici più prestigiosi. Perchè le fa? Per solidarietà verso il villaggio dell’amore, fondato in India, da suor Amelia Cimolino, la “Madre Teresa ” friulana – Carpacco (Ud) 1912- India 2006 – a Olavina Halli.
La signora Gianna l’ha sempre aiutata, organizzando concerti lirici-strumentali-vocali, e promuovendo eventi di solidarietà in suo favore. In tempo di Covid, non potendo dare vita a concerti, ed essendo artista del cucito, ha pensato di realizzare mascherine artistiche, di varie fogge e misure. Non se ne trovano di uguali, perché lei usa materiali pregiati, come il pizzo di qualità, tessuti ricamati a mano, anche tagliati da manufatti d’epoca, originali e preziosi.
«Quest’anno, per colpa della pandemia, è saltato il centenario di nascita di mio marito. Ciò mi dispiace molto. Ma io non so stare con le mani in mano. Ho iniziato a cucire da bambina e continuo a farlo, con passione, gioia, soddisfazione. Ho creato abiti da sposa e costumi di scena per mia cognata, la famosa cantante lirica americana Lella Cuberli, moglie di mio fratello Luigi. Oltre, naturalmente, a ogni sorta di creazione di stoffa. Sì, sono un’artista del cucito e continuerò a esserlo, finchè mi sarà possibile» afferma, con legittima soddisfazione, Gianna.
Di mascherine, lei, ne realizza una ogni ora, circa 4-5 al giorno. Si alza alle tre di notte, ma lo fa con gioia, dato che ha molte ordinazioni di amiche, conoscenti, persone che ne hanno sentito parlare. «Anche quando la pandemia sarà passata – aggiunge – resteranno come oggetti di pregio, di valore. Primo, perché fatte a mano, secondo, per i tessuti e l’inserimento del ferretto, così non si appannano gli occhiali. Non se ne trovano in giro di così belle, sono pezzi unici. Da collezione!»
Ride e ci scherza su, Gianna, capelli rossi, cultura da premio, entusiasmo da vendere. Non ha solo le mascherine, lei. Ha con sé il fratello Luigi da assistere, la cura della grande casa immersa in un parco, a Gradisca di Sedegliano, le tante telefonate cui rispondere. Il tempo è tiranno, ma lei cerca di investirlo al meglio, magari ascoltando programmi culturali o Radio Maria, con le preghiere e la S. Messa. Gianna assicura che continuerà a produrre le sue eleganti e originali mascherine, con il desiderio di “venderne” il più possibile e aiutare, sempre il più possibile, la missione che le sta tanto a cuore e che, anni fa, ha visitato personalmente.
Anche il Villaggio di suor Amelia, e i 130 bambini adottati a distanza, aspettano le offerte di Gianna. In questo periodo più di sempre. Ora, nemmeno loro possono frequentare la scuola, rimangono nei loro villaggi, ma collegati alla missione per avere un sostentamento garantito.
La signora Gianna è un archivio storico narrante. Chi volesse saperne di più o conoscerla, lei risponde – e sempre volentieri – allo 0432-915301.
Chi, invece, volesse dotarsi di mascherine artistiche – o farne dono – può informarsi contattando Antonietta Cimolino (Nipote di suor Amelia) allo 3355806675.