Il Ponte. periodico del Medio Friuli – settembre 2020
Simone Fantini – Codroipo (Ud) – Acrilico e matite su carta
“Nato come bozzetto per murales, rappresenta una figura femminile innocente, che vive tra gli angeli e le fiabe. Mi attrae per la magia che emana. Il fondale dorato avvalora il suo essere trascesa, in altra dimensione”. www. artesimon.com
FIABA: IL CIELO DI ANNA
Età suggerita: da 6 anni in su
Il cielo, un giorno, si stancò. Sì, si stancò di star sospeso lassù, aggrappato alle stelle, sempre da solo.Era proprio una faticaccia, la sua!
Quel giorno lì, si lasciò andare gentilmente giù, verso la terra, dove si appoggiò come un velo di tulle celeste. Tutto diventò celeste. Celesti le città, i palazzi, i giardini, le campagne, le montagne, ancor più celeste il mare. Era uno strato di celeste bellissimo, anche molto poetico, ma combinò un gran brutto disastro. Per le strade, la gente camminava come in mezzo a una nebbia celeste, le macchine dovevano andare a passo d’uomo, perché neanche i fari riuscivano a far luce.
Gli aerei, mancando il cielo, non potevano più volare, gli uccelli diventavano tristi a dover volteggiare sempre a due metri da terra.
A vivere sempre nel celeste, la gente cominciò ad avere gli incubi celesti.
Allora, i signori importanti di tutta la terra incominciarono a dare ordini per spostare il cielo dalla terra.
“Tirate su il cielo, svelti” comandavano ai pompieri, che provavano con le scale mobili, ma, appena riuscivano a sollevarne un pezzettino, ecco che il cielo ricadeva giù, come fosse di panna: splash.
Gli spazzini provarono a toglierlo dalle strade con le scope, ma, per quanto spazzassero, non riuscivano a spazzare neppure la miliardesima parte del cielo, che rimaneva lì, tutto appiccicato. Allora, i signori importanti di tutto il mondo decisero di parlare direttamente a lui in persona: «Cielo, noi ti ordiniamo di tornare subito al tuo posto».
Ma lui, tranquillo, rispose: «Oh, mi dispiace, cari signori importanti, ma da tanti e tanti anni, io faccio fatica a stare sospeso lassù. Adesso che posso riposarmi, non ho nessuna voglia di rinunciarci».
Gli diedero la multa, perché non pagava la tassa, gli mandarono la lettera di sfratto dalla terra, ma lui alzava le spalle e faceva il sordo. Ormai, tutti si erano rassegnati a vivere nel celeste ma, un giorno, si svegliarono e videro che il cielo era tornato lassù. Al suo posto.
Cosa sarà mai accaduto?
Quel giorno, il cielo aveva visto una bambina seduta su una poltrona a fiori davanti a un balcone. Con occhi stranamente fissi, guardava tristemente verso di lui.
«Perché sei triste bambina?» le chiese.
«Non riesco più a immaginare il cielo» rispose la bambina.
«Fino a poco tempo fa, lui stava in alto ed era bellissimo nel suo celeste».
«Eh, sì, ero proprio io, io sono così» le rispose lui tutto orgoglioso di sé.
«Avrai capito che sono io, il cielo in persona, a parlarti, vero?»
«Sì, sì, l’ho capito. Sai, io mi chiamo Anna, però, devo dirti che ti preferivo quando eri lassù. Mi piaceva fantasticare su di te, immaginare la forma delle tue nuvole, gli aerei che correvano su e giù, gli uccelli che ti volavano nella pancia e che, magari, ti facevano il solletico».
«Dimmi Anna, come mai ti piaceva tanto vedermi?»
«Veramente, io non ti ho mai visto, ti ho solo immaginato, perché sono cieca dalla nascita. Però, mi hanno raccontato tante belle cose di te. Anche che non stai più lassù».
Il cielo ebbe un brivido lungo, come quando trionfa il vento di tempesta.
«Mi dispiace. Non volevo renderti triste, io».
Con un grande sforzo, il cielo cominciò a sollevarsi da terra e a risalire fin lassù, dove era sempre stato.
«Anna, sono tornato quassù! Riesci a immaginarmi di nuovo?»
«Sì sì, adesso sì, cielo, ti immagino bellissimo» rispose lei.
Pur di rendere felice Anna, il cielo non sentiva più la fatica che faceva nel tenersi lassù, aggrappato alle stelle.
Ora, non era più solo.
Finalmente, aveva trovato un’amica, Anna, che gli cantava ogni sera una canzone speciale, dedicata a lui, per farlo addormentare.
Per ascoltare le 52 fiabe che presto saranno raccolte nel libro “UN ANNO DA FIABA”: www.pierinagallina.it/audio-fiabe/ Uscita prevista: MARZO 2021
LIBRI
Ho fortemente voluto scrivere questo libro perché mancava.
Poco, infatti, si sa di noi, i Nonni, tanto importanti quanto sconosciuti, di ciò che proviamo, della gioia ma anche dell’impegno che ci mettiamo nell’assolvere al meglio il nostro ruolo. Nell’era digitale, poi, quando i nostri nipoti rischiano di avere occhi solo per i cellulari e le loro famiglie di sfaldarsi da un giorno all’altro.
Cosa significa essere nonni, oggi?
Di sicuro essere investiti di un ruolo affascinante, ma meno semplice di come potrebbe apparire. Mi piace definirlo una forma d’arte! Sì, l’arte dell’essere presenti ma non invadenti, saggi ma non saccenti, disponibili ma non servili, rispettosi ma non assenti, punti saldi al passo con i tempi moderni ma con la leggerezza dei tempi andati. Ma chi ci insegna a essere così equilibrati, e i giusti nonni per ciascun nipote? Tranne qualche esempio cui riferirci se siamo fortunati, nessuno. Il mestiere di genitore lo abbiamo imparato frequentando la scuola della vita e della buona volontà, collezionando sbagli e occasioni perse e colte. Passo dopo passo, quasi senza rendercene conto, siamo cresciuti finché, un giorno, ci siamo ritrovati con i figli adulti e il diploma di nonni in mano. E senza merito alcuno, dato che si tratta di un evento antico come il mondo. È un privilegio per nulla scontato che ci vede a margine, perché possiamo scegliere quando e se diventare genitori ma non quando e se essere nonni. Ci mancano i riferimenti, dato che il nonnino con la pipa e la nonnina col grembiulone e il fazzoletto in testa sono scomparsi, e pure da tanto tempo. Noi, nonni contemporanei, lavoriamo, viaggiamo, ci aggiorniamo con curiosità, realizziamo i sogni nel cassetto, ci adattiamo – e spesso con successo – all’uso della tecnologia in continua e rapidissima evoluzione. A volte diventiamo architravi della famiglia, sempre al bivio tra amore e buon senso, saggezza e modernità, piacere e dovere, pazienza e rabbia, dire e tacere. Tutto ciò richiede una paziente architettura e un grande adattamento. Perché è un doppio ruolo, perché vuol dire essere ancora genitori, aver già passato esperienze più o meno facili e continuare a riviverle con i nipoti. Perché richiede doti di pazienza, sacrificio, creatività, psicologia, intuizione e generosità. Doti minime per uscire indenni dall’attrazione fatale per i nipoti ai conflitti, dalle adolescenze burrascose alle gelosie tra figli e figli, tra nipoti e tra figli e nipoti. Con l’eterno obiettivo della par condicio, dell’armonia familiare e con la speranza di risultare apprezzati. Eppure, i libri in circolazione che parlano di noi si rifanno ancora ai giochi di una volta, ormai davvero fuori moda, e alle filastrocche che non interessano più a nessuno, men che meno ai nostri nipoti.
Per questo ho voluto scrivere di noi, Nonni visti dal di dentro, nella nostra più autentica umanità, con i nostri pregi e difetti, in un ruolo emozionante ma non sempre lineare. L’ho fatto partendo dalla mia esperienza di nonna sette volte, con la consapevolezza di essere sì figura importante, ma non indispensabile e, soprattutto, sempre connessa a figli e nipoti. Volenti o nolenti per tutti è così: semplicemente per un fatto di…VITA!
L’uscita del libro, con prefazione della scrittrice Cinzia Lacalamita e copertina di Vandr, è prevista per la Festa dei Nonni 2020.
Per info: pierinagallina1@gmail.com 3357736968
CODROIPO Lettura scenica “La Nebbia” a Villa Manin
Il sole a picco delle ore 18.00 dell’8 agosto, non ha scalfito l’entusiasmo del pubblico per l’ultimo, imperdibile, appuntamento con “Teatro e Trilogia Friulana”, rassegna teatrale curata dal CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia e presentata da Umberto Alberini. In programma, “LA NEBBIA” dello scrittore codroipese Franco Marchetta, scomparso nel 2014, vincitore per tre volte del premio “San Simone”, negli ultimi anni impegnato nella sfida di rinnovare la letteratura in lingua friulana, con la voglia di adattarla ai tempi attuali. Hassam Bambore, Giuliano Bonanni, Giorgia Marchetta, Massimo Somaglino e Fabiano Fantini, voce narrante, con regia collettiva, hanno proposto una lettura scenica al sapore di viaggio nel tempo, tra il letterario e il filosofico. Non un tempo al passato, bensì al futuro, esattamente nel 2021, quando il protagonista continua a voler vivere in una Udine distrutta dal terremoto, recuperando tra le macerie i segni di una civiltà scomparsa: libri, pezzi di affreschi del Tiepolo, tavole di legno di una farmacia. Quasi una profetica metafora del nostro presente, insomma. “Nebbia” attinge alle atmosfere del romanzo distopico “La biblioteca segreta” di marchetta, ancora inedito. Testo intrigante, che parla di un non lontano futuro del Friuli, letto come provincia del mondo. “Ogni parola è effimera. Devi cambiarla di continuo”. Così si conclude la lettura scenica: “La nebbia si insinua nella stanza. Si chiude la porta alle spalle. Fine.” Occasione per meditare su un tipo di realtà a un passo dallo sfiorarci davvero!
CODROIPO – POZZO: San Rocco unisce tre paesi
Gli abitanti di Pozzo, di Beano di Codroipo e di Rivis di Sedegliano hanno il pregio di continuare a mantenere fede al voto che i loro concittadini fecero nel 1400. Se fossero stati salvati dalla peste e, in seguito, dalle orde di Napoleone, si sarebbero ritrovati ogni anno, il 16 agosto, nella chiesetta di San Rocco. Anche il 2020 li ha visti presenti: Beano e Rivis, alla S. Messa celebrata da Don Mario Broccolo, Pozzo a quella officiata da Don Fabio Varutti, accompagnata dal coro e Olindo Bosa alla tastiera. Al solo vedere la chiesetta, adiacente il locale cimitero, si comprende quanto sia bisognosa di interventi urgenti e necessari. Più che l’esterno, è l’interno a rattristare. Il pavimento del 1839 in seminato alla veneziana con decori fitoformi si sta letteralmente sgretolando, l’umidità ha invaso i muri e gli affreschi. Ciò, nonostante le cure e gli appelli del comitato spontaneo, capitanato dalla sacrestana Angela Pevato e dal pittore Ennio Martinis, cui le autorità comunali, provinciali, religiose nonché la sovrintendenza ai beni culturali hanno sempre risposto con il silenzio.
Il volontariato fa molto ma non può affrontare le ingenti spese che il restauro richiederebbe. Eppure, oltre a opere lignee, pittoriche, al leggio, alle tavole della Via Crucis, quest’anno c’è un’ulteriore novità in fatto di donazioni: l’acquasantiera in pietra piacentina e la colonna che rappresenta la morte di un giovane presunto prete, con stola, giglio e croce, datato 1930 e proveniente da Arba. L’artista di Pozzo, Galdino Tomini, le ha assemblate, creandone un insieme armonioso, posizionandolo sul luogo dell’acquasantiera originale, trafugata in passato, come altri ornamenti della chiesetta. Nota interessante sta nella targa in marmo bianco posizionata in sacrestia. È datata 1876 e si riferisce alla donazione dell’Imperatrice d’Austria, Maria Anna Carolina Pia, la cui balia sembra essere stata una donna di Pozzo, le cui generalità sono, però, avvolte nel mistero. Dell’imperatrice, si sa che passò per Codroipo il 20 giugno, alle 18.00, e il 3 settembre 1851, come documentato a pagina 132 del 1° volume “Codroipo, ricordi storici” di Don Vito Zoratti (1912-1979). Lo storico, residente a Pozzo, Roberto Visentini sta svolgendo ricerche in merito.
L’intera frazione di Pozzo non si arrende e scende ancora in campo, pronta a salvare la sua chiesetta. Ma la devozione non basta. Un luogo sacro, bene di tutti, fortemente legato al passato, ora più che mai pretende dignità, per non sopperire all’ingiuria del tempo, purtroppo nell’indifferenza degli organi preposti alla sua salvezza.
RIVIGNANO ARIIS Musica e poesia, ospite Vittorio Sgarbi
La sera del 7 agosto, Villa Otellio Savorgnan, quasi sospesa tra lo stella, il suo fiume, e il turchese ricamato di rari gomitoli di bambagia, ha accolto oltre cento persone, con uno spettacolo di musiche, poesia, e Vittorio Sgarbi, il noto critico d’arte nazionale. A organizzarlo, il Rotary club Codroipo Villa Manin, che si è affidato alla sapiente regia dell’artista Piero De Martin. Alla luce di un tramonto riflesso sul biscottato dei mattoni e sulle finestre senza vetri, come occhi senza pupille, si sono esibiti numerosi artisti: Chiara Domenghini, voce blues e chitarra classica, Ennio Zampa, cantautore storico, Tony Masala, voce soul e acustico, Gianfranco Lugano, liutaio e musicista, con arpa rinascimentale, cornamusa, mandolino elettrico, la Soul Orchestra con voce lirica Monica Saronni, voce pop Stefania Tessarin, voce melodica Bruno Neri, voce pop/rock Gigi Tessarin. Alle tastiere Andrea Valentini, organo Hammond, Gianni Gnesutta, batteria Ivano Castellani, percussioni Carlo Zampa, chitarra Gigi Tessarin, basso e contrabbasso, Piero De Martin, sax basso tuba, Giacomo Micoli, sax contralto Ettore Venuto, sax tenore Federico Biasutti, tromba Gabriele Marcone e Francesco Fasso. Energia stellare ha avvolto il pubblico, grazie ai ritmi scalpitanti, sovraccarichi di melodie degli anni 60, da “Senza Luce” a Black is black”, passando per “C’era una volta il west” di Morricone, sapientemente eseguito da Monica Saronni, ad “Halleuja” con la voce di Stefania Tessarin. Piedi battenti il tempo davano ali alle parole cantate anche dal pubblico, mentre le piccole lampadine sostituivano le stelle ancora assenti. Al loro spuntare, la musica riposava, decretando la fine di un concerto dalle talentuose sonorità, goduto fino all’ultima canzone. VILLA OTELLIO SAVORGNAN spera di diventare un luogo del cuore, sotto l’egida del FAI e del Comune di Rivignano-Teor, del Sindaco Mario Anzil e di tutta la giunta. Avutala in gestione dalla Regione Friuli Venezia Giulia, ora stanno eseguendo i restauri a partire dal muro di cinta merlato, al parco e ai magazzini del sale. Molto ancora c’è da fare, ma grandi sono la volontà e la passione per riportare la villa agli antichi splendori, come dichiarato dall’assessore Massimo Tonizzo, in apertura di serata. ” La villa è luogo magico che racconta la storia del Friuli. Nel 1297 si iniziò a costruire il castello, nel 1336, la villa, poi consegnata alla famiglia Savorgnan che, per 300 anni fu alleata con Venezia, contribuendo a difenderne lo sbocco verso il mare. Ariis, nel 1400, era roccaforte insieme a Cividale e Aquileia, poi feudo commerciale. Il fiume Stella, consentiva il trasporto del sale da Venezia ad Ariis e dei mattoni da Ariis alla Venezia in costruzione. Ariis ebbe, dunque, un ruolo fondamentale nel Friuli del 1400 . Palmanova, la cui prima pietra fu posata il 7 ottobre 1587, fu progettata dalla famiglia Savorgnan, nota anche per aver dato i natali a Lucina, protagonista della novella “Giulietta e Romeo” scritta da Luigi Da Porto, poi resa celebre da Shakspeare. Ora, Ariis è vocato a diventare luogo del cuore del Fai: è al 28° posto nazionale, primo del nord Italia e il più votato nel triveneto”. C’è speranza di riuscirci, dunque, grazie alla continua raccolta di firme. Anche Vittorio Sgarbi, dopo aver compiuto una breve escursione in barca sullo Stella, ha definito Villa Otellio “luogo fascinoso, abbandonato ma vitale. Bisogna uscire dalla retorica della burocrazia, questo luogo deve diventare luogo del cuore. Farò quello che posso, parlerò col Fai, a ricordo di Giulia Maria Crespi, sua ideatrice. Questa villa dimenticata deve rivivere, nel nome della salvezza, della nostra salute e in grazia di Dio”.
Il link diretto è http://www.ilpontecodroipo.it/44-ita-rivista-stampata.html