LA SCUOLA e i GIOVANI al tempo del Coronavirus – Chi pensa a loro?
Oggi è il 17 maggio 2020, l’ultimo giorno di isolamento totale, a parte il poter andare fuori regione. Sono passate nove settimane dal 12 marzo, giorno in cui eravamo tutti spaventati perchè non sapevamo cosa sarebbe successo. Oggi possiamo affermare di essere stati fortunati, almeno nel nostro Medio Friuli. A parte i nonni di alcune case di riposo, non abbiamo avuto lutti da piangere per il Covid 19. Noi friulani siamo stati i più diligenti d’Italia nell’osservare le misure anticontagio, ci siamo adattati al meglio, studiando, facendo emergere talenti e sopportando anche la botta economica che ci ha sopresi tutti. Ancora non è dato sapere cosa accadrà in questo senso e non sarò certo io a fare previsioni diverse da quelle che i media ci propinano ogni momento.
Ciò che mi preoccupa – e molto – è la SCUOLA e chi a lei è collegato ovvero i BAMBINI e RAGAZZI, oltre agli insgnanti naturalmente. Alla scuola non è stata prestata la dovuta attenzione da parte delle istituzioni. Si è scelto di chiuderla, sono stati stanziati alcuni milioni di euro per la DAD [didattica a distanza], ma non c’ è stata una riflessione, non c’è stato un pensiero-guida nemmeno in previsione della ripaetrura di settembre, in una condizione di benessere per gli alunni e per chi si occupa di loro. La riflessione iniziale sarebbe dovuta essere: quale scuola e, di conseguenza, quale società vogliamo costruire o ricostruire per settembre? Cosa vogliamo trasmettere ai nostri bambini e ragazzi? Su quali principi e basi vogliamo raccogliere, riaprire, incontrare nuovamente i nostri giovani? Ciò che emerge è che si voglia seguire non il tanto nominato principio di prudenza, ma, purtroppo il principio di PAURA. Ciò che noi adulti saremo in grado di lasciare a questa generazione in dono sarà la PAURA. Paura del contagio, paura del contatto, paura del respiro, paura della contaminazione, paura della vicinanza. PAURA DI VIVERE. Conosco abbastanza bene i bambini e so con certezza che a loro è stato chiesto il sacrificio più grande. Concordo sui mesi precedenti ma NON sono d’accordo con il presente e l’immediato futuro. Perchè non riaprire le scuole, organizzandole come è stato fatto per le chiese e i negozi? Questi bambini, parlo di tutti, dai piccolissimi a quelli delle superiori, sono stati costretti all’immobilità, alla chiusura, affidando tempo e scuola alla tecnologia. Chiederei ai plitici se abbiano assistito mai alle famose lezioni a distanza, o se siano entrati in qualunque famiglia dove i genitori sono insegnanti e i ragazzi fanno lezione in pigiama, magari con una coperta addosso e, se vengono interrogati, chiudono il collegamento. Non lo dico per sentito dire! Un’altra cosa che non capisco è come mai le lezioni non si possano rivedere. Obbligatorio è capire tutto al primo collegamento, altrimenti, basta. Quanti sono gli alunni che non capiscono, non osano chiedere – e se chiedono non sempre hanno risposte adeguate – e collezionano buchi in questo periodo? Certo, saranno tutti promossi, ma perchè? Per evitare eventuali problemi con Tar e via dicendo? Che importanza riveste allora l’impegno nello studio, il piacere di imparare e di portare a casa bei voti, meritati col sudore del tempo trascorso a leggere, ripassare, controllare? Quanti fanno temi, problemi, compiti, sapendo che potrebbero essere non visti nè corretti? Ci sono anche docenti che si sono collegati molto sporadicamente, lasciando un vuoto culturale veramente grande, irrecuperabile in futuro. Fanno pena questi bambini, fin dalla scuola dell’infanzia ma anche delle elementari, che devono giostrarsi tra password, nuvole, compiti più o meno fatti perchè non capiti o non ricordati, il più delle volte dai “poveri”genitori. Che, anzichè lavorare come sarebbe loro sacrosanto diritto, si devono improvvisare professori e docenti. Mi chiedo cosa resterà a questi allievi di questo periodo e di questo anno scolastico striminzito. Pigrizia sicuramente o argento vivo strozzato, dipende dai caratteri. Niente sport, niente passeggiate, a parte gli ultimi giorni, soprattutto niente contatti con gli amici. Questo è incredibile! Penso, in particolare, alla fascia 12-19 anni, dalle medie alla maturità. In questi mesi si è parlato di nonni, di lavoro, ma poco di loro, dimenticati e silenziosi. Niente compagni a scuola, niente palestra, niente amori dei sedici anni, che sono i più belli, niente motorini, niente feste, niente festa della matura nè l’emozione condivisa degli esami. Mille impedimenti, zero lamentele. Sono eroici senza esserlo, maturi senza maturità. Proprio nell’età in cui l’istinto a ribellarsi alle regole è al massimo, loro le hanno accettate per un bene comune. Si svegliano, fanno lezione online, poi i compiti, esagerano spesso con la Playstation, si trovano tra di loro in chat, Instagram. Qualcuno, dall’alto, è arrivato a dire che i videogiochi fanno bene. Spesso si chiudono nei loro spazi e li capisco. 24 ore con i genitori, alla fine, cosa devono dire loro? Riempiono il tempo di film, musica e serie tv. Qualcuno legge, evviva. Hanno rinunciato a tutto, più di tutti. Per più di due mesi sono stati immobilizzati, proprio nell’età in cui è più importante muoversi. Sarà che ho vissuto il 68 e gli scioperi erano all’ordine del giorno, ma li vedo troppo calmi, obbedienti questi ragazzi. Troppo a testa china, con gli occhi sui cellulari, computer, Zoom, Meet e chi più ne ha più ne metta. Hanno persino accettato le regole folli della nuova didattica, qualcosa che contrasta la natura, il buon senso e la pedagogia. Se alla maggioranza degli insegnanti va fatto un monumento, ai ragazzi ne vanno fatti due. Per avere rispettato il lockdown senza essere di peso e perché – oltre ad avere perso un’intera stagione nella stagione indimenticabile della vita – quando usciranno troveranno macerie. La loro è la generazione che soffre di più per questa situazione, anche perchè priva di prospettive oltre la porta di casa. Lavoro? Dove? Estero? Dove? Vacanze? Nemmeno. Il loro stare dentro le quattro mura è contronatura. La vita dei Boomer non è in casa ma fuori, dove c’è da imparare la vita con gli errori da fare, le esagerazioni da provare assolutamente. Eppure rispettano un quotidiano assurdo ma giusto, stando dentro casa in nome della salute là fuori. Accettano la sottrazione di libertà non per indifferenza, ma perché sanno quanto vale e la rivogliono indietro, appena possibile, intatta. Cosa succederà da domani, quando si potranno incontrare anche gli amici e non solo i parenti? Hanno diritto alla libertà persa etrovo giusta che venga loro restituita identica. Dopo aver subito l’emergenza e aver tirato fuori le risorse migliori per affrontarla, con pazienza, responsabilità, silenzio, hanno diritto a riprendersi la porzione rimasta di vita “normale”. Per la SCUOLA non vedo orizzonti soleggiati. Ancora bambini a casa, con adulti, spero almeno chi può, con i nonni ma non è la modalità giusta per loro che hanno bisogno di contatto, di abbracci, di guardare negli occhi il maestro per poter comprendere le spiegazioni.
La mia preoccupazione è questa, oltre a quella economica e sociale che incombe su tutti noi. Cosa resterà nelle mani dei nostri bambini e dei nostri giovani? Per questo ho scritto. Per la mia coscienza, la mia dignità, l’amore e la passione che ho per chi viene dopo di noi.
Anonimo
Brava Pierina sono d’accordo i ragazzi hanno bisogno del confronto delle opinione del conttatto