senza accompagnare il bambino nella lettura, poichè c’è il rischio che il
bambino abbandoni il libro in lacrime qualora si trovi a leggere “La piccola
vedetta lombarda”, rimproverando voi di avergli dato una “cosa triste”. Provate
invece a raccontargli, come se fosse un’altra storia degna di nota, il contesto
storico e culturale in cui prendeva forma il libro, ovvero i primi anni
dell’unità d’Italia. Io credo che ve ne saranno grati.
leggeteglielo voi, “Cuore”, un poco alla volta prima di andare a dormire. Gli
regalerete un patrimonio di emozioni, e i bambini avranno tutto il tempo che
vogliono (e il vostro aiuto) per imparare a scandagliarle col lume della
ragione.
maestro Perboni, in una Torino all’indomani dell’Unità d’Italia: Enrico annota
quello che vede attorno a sè, descrive i suoi compagni di classe e le loro
azioni.
poveri, ricchi) che vanno dal primo all’ultimo giorno di scuola, nel libro sono
inseriti anche i racconti mensili letti in classe, racconti che possono vivere
autonomamente come dei romanzi nel romanzo o anche al di fuori del romanzo
stesso (basti pensare che di alcuni sono state addirittura tratte trasposizioni
cinematografiche completamente scollegate da “Cuore”).
finiscono bene, come ad esempio “Dagli Appennini alle Ande” o il “Piccolo
scrivano fiorentino”, altre invece si concludono in tragedia, come “La piccola
vedetta lombarda”.
Il gigante egoista, di Oscar
Wilde
difficilmente ne ha sentito parlare anche come di uno scrittore di favole per
bambini: “Il ritratto di Dorian Gray”, “L’importanza di chiamarsi Ernesto” o il
“De Profundis” sono in genere i primi suoi titoli che ci tornano alla mente.
Bene, per un attimo mettiamoli da parte, decidiamo se raccontare o meno ai
nostri piccoli lettori tutta la travagliata vita dell’autore e leggiamo loro “Il
gigante egoista”. Il racconto, scritto da un “empio”, è fra quelli più letti
nelle scuole cattoliche (appunto, omettendone autore e biografia), poichè, al di
là della morale chiaramente trasmessa, è capace di filtrare ai bambini il senso
del divino attraverso una storiella semplice, lineare e suggestiva, con un
improvviso finale a sorpresa commovente e paradisiaco.
La trama è in breve la
seguente: il gigante egoista, di ritorno da un lungo viaggio, scopre che i
bambini del paese avevano preso l’abitudine di giocare nel meraviglioso giardino
fiorito della sua casa e, inferocito, li caccia in malomodo. Giunge dunque
l’Inverno: la fredda stagione si trova talmente bene nel triste giardino del
gigante che decide di non abbandonarlo più. Al di là del muro di cinta era
tornata la bella stagione, ma grandine, gelo e neve non avevano abbandonato la
dimora del gigante. Quando sembrano ormai perse le speranze di rivedere i colori
e i germogli delle piante, ecco che una mattina la Primavera fa di nuovo
capolino nel giardino: i bambini hanno approfittato di una breccia nel muro di
cinta e sono tornati a giocare fuori della casa del gigante che, entusiasta, li
accoglie a braccia aperte. C’è però fra tutti un bambino che è così piccolo da
non riuscire a salire sull’ultimo albero dove si trovano ancora i segni
dell’inverno: il gigante lo aiuta a salire e l’albero fiorisce. Molti anni dopo,
quando il gigante è stanco e molto vecchio, quel bambino tornerà di nuovo nel
giardino. Ha delle ferite sui palmi delle mani e sui piedi: il gigante, furioso,
gli domanda chi abbia osato fargli del male, ma il bambino lo rassicura e lo
accompagna dolcemente verso il sonno eterno.
“Tu una volta mi hai permesso di giocare
nel tuo giardino, oggi verrai con me nel mio giardino, che è il
Paradiso”