LODE agli uomini che amano le proprie donne 25 novembre 2020
Gli uomini che amano le loro donne meritano la lode, anche se non fanno notizia.
I giornali e la tivù non sprecano una sola parola per parlare di loro, degli uomini, di ogni età, che amano davvero le loro donne.
Diversissimi, lontani anni luce, da quei maschi che danno ossigeno alle cronache più raccapriccianti.
Se di loro si occupano fin troppo i media, a me piace parlare di fatti reali, sotto gli occhi di chi vuol apprezzare, e di cui sono protagonisti proprio gli uomini.
Il loro numero è più alto di quanto si creda. Sono uomini capaci di aiutare, comprendere, incoraggiare, apprezzare le loro donne. Che, in decenni di matrimonio o convivenza, mai le hanno picchiate, tradite né hanno inflitto loro il dolore del rifiuto o dell’abbandono. Uomini che sanno far ricorso al bagaglio di pazienza anche nella malattia e riescono a fare cose, a volte, impensabili per la natura maschile. Se ci fosse qualcuno che non mi crede, me lo dica. Sarò ben felice di stilare una lista, con situazioni vere che ho avuto, e ho, modo di apprezzare. Ne vedo molti accanto alle loro donne, anche ammalate. Le accudiscono, con dedizione ammirevole, quando ictus malefici tolgono loro l’autonomia. Le imboccano e puliscono, ringraziando Dio di averle ancora. Le sostengono se cadono in depressione, disegnando per loro la strada della ripresa. Ho visto un anziano signore scaldare, tra le sue, le mani fredde della moglie, nella bara. Lo sguardo svelava un amore senza pari. Ne ho visto un altro coprire la moglie inferma di ogni attenzione possibile, facendo cose che mai avrebbe immaginato. Come fare il bucato o aiutarla nei gesti più personali, aggiungendoci un sorriso.
Questi uomini, il più delle volte invisibili, vivono accanto a noi.
Non sono perfetti, certo, ammesso che la perfezione esista. Molti sono giovani, e pronti ad aiutare le proprie donne, anche nelle faccende e nella cura dei figli, senza porre confini alle competenze. Uomini che non si ubriacano, non giocano nemmeno al gratta e vinci, e non cercano distrazioni che possano danneggiare alcuno. Che lavorano sodo e si preoccupano costantemente della famiglia, delle loro mogli o compagne, verso le quali nutrono quel senso del rispetto che sembrerebbe passato di moda. Sono uomini reali, che riescono a tornare a casa senza vomitare rabbia e stanchezza, disposti ad ascoltare senza per forza giudicare. Che sanno inventare gesti gentili al di fuori di compleanni e anniversari.
A questi uomini va la mia lode.
A compensare l’infamia di quelli che le loro donne le terrorizzano, le zittiscono, le picchiano, ne azzerano i talenti, arrivando a ucciderle, spesso solo per invidia o perché le considerano proprietà senza valore.
Con sollievo, vedo uomini che condividono le soddisfazioni delle loro donne e le spronano ad andare avanti.
Non sono eroi né principi azzurri, ma meravigliose schegge di speranza in questo pazzo mondo che gorgheggia violenza, in particolare contro le donne.
“La donna uscì dalla costola dell’uomo,
non dai piedi per essere calpestata,
non dalla testa per essere superiore
ma dal lato, per essere uguale,
sotto il braccio per essere protetta,
accanto al cuore per essere amata.”
William Shakespeare
Donna-uomo: binomio perfetto, fisicamente complementare.
Ognuno sta nell’altro.
Forse, questa, era l’idea di Dio quando fece uscire la donna dalla costola dell’uomo.
Forse, questo, pensava Shakespeare, scrivendo questa poesia nel 1607.
Forse, proprio questo, dovremmo ricordare. Sempre, non solo il 25 novembre!
Aggiungo il punto di vista di Francesco Giamblanco – (ringrazio Fabio Trevisan per avermelo fatto conoscere)
“Era ubriaca”, “L’ha provocato”, “Era vestita così”, “Per arrivare lì chissà cosa è stata disposta a fare”, “Sta con lui solo per i soldi”, “È tutta rifatta”, “Sembra una troia”, “Se l’è cercata”.
Sì, vivo in un Paese in cui quotidianamente sento pronunciare frasi di questo tipo. Frasi con cui si descrive, deride, critica e insulta il genere femminile, e grazie alle quali spesso si giustificano le umiliazioni, le discriminazioni e la violenze che esso subisce. Frasi che sento pronunciare ovunque: al bar, per strada, in ufficio, in Tv, in Parlamento; che leggo scritte ovunque: sui muri con gli spray, sui social, nei diari delle medie, sui titoli di certi giornali. Vivo in un Paese che retribuisce meno la donna rispetto all’uomo (a parità di lavoro), in un Paese che non assume o licenzia in vista di (o durante) una gravidanza, in un Paese che conta un numero estremamente basso di donne in politica, nella finanza, nelle istituzioni religiose e in tutti i posti di potere in generale. Vivo in un Paese in cui l’inferiorità è ammessa a tutti i livelli, anche quelli apparentemente più innocui: la moglie che chiede i soldi al marito per poter fare la spesa, la ragazza che non può uscire da sola la sera perché se no gli altri chissà cosa pensano, la madre che sacrifica tutta se stessa per il figlio. Vivo in un Paese in cui sin da bambini si è educati (silenziosamente, impercettibilmente, inconsapevolmente) al maschilismo e alla misoginia: perché, come lo vuoi chiamare un Paese che nel suo dizionario non ha l’equivalente maschile di “puttana” e che nelle sue chiese non ha una femmina che celebra la messa? Un Paese in cui la donna è oggetto di invidia, gelosia, giudizio, frustrazione, desiderio sessuale, maltrattamenti; un Paese in cui la donna è oggetto e basta, nel senso “proprietaristico” del termine. Poi un giorno leggi che una ragazza è sparita ed è stata ritrovata cadavere, che è stato il suo “fidanzatino”. E resti allibito, scioccato, schifato. Ma sai bene che non è un caso isolato, che succede più spesso di quanto si possa immaginare. Per la precisione: ogni due giorni. Nel senso che ogni due giorni una donna viene ammazzata dal proprio compagno. E capisci che vivi in un Paese in cui, irrimediabilmente, la data sul calendario non coincide col tempo che stai percorrendo; perché 4000 stupri e 150 omicidi di donne in un solo anno devono obbligarti a porti delle domande. Peccato però che le risposte le sai già, sono scritte a caratteri cubitali ovunque: nelle frasi, nelle abitudini, nelle canzoni, nei racconti, nei gesti, negli sguardi, nelle leggi, nei film, nelle omelie, nelle barzellette, negli scongiuri, nelle promesse, nelle raccomandazioni, negli insulti, nelle paure, nelle risate di tutta la tua vita, dalla culla ad ora che stai leggendo queste righe, su cui, forse, rifletterai un pò, per poi chiudere tutto e tornare alla quotidianità.
Antoniet
Bellissimo articolo. Lode ai tanti uomini mariti fratelli compagni amici che non si spaventano o scappano di fronte alle infermità o periodi bui della donna che hanno accanto