Mai per amore: la serie sulle donne che Rai boicottava
desiderata, l’inganno della galanteria racchiuso in un esagerato mazzo di rose,
l’anestetica rassicurazione di chi ti sottrae particelle di vita spiegandoti,
con un sorriso paternalista: «lo faccio per te». La trasformazione di ciò che
viene chiamato amore in un possesso cieco che fa cadere una donna nella rete
della paura quotidiana, incatenata dalla brutalità che porta, troppo spesso,
alla morte.
La Rai si è finalmente decisa a mandare in onda la «collana» Mai per amore,
dalla canzone di Gianna Nannini, quattro film d’autore che raccontano storie
vere o ispirate alla realtà su una «strage nascosta», la violenza sulle donne
di cui «affiora meno del 10 per cento», perché «le donne vittima si sentono in
colpa», spiega Liliana Cavani, regista del primo film della «fiction civile»
che andrà in onda martedì su Rai1 alle 21,10: Troppo amore, con Antonia Liskova
e Massimo Poggio.
Dal solo inizio del 2012 sono state 36 le donne uccise da uomini, 12 al mese,
una ogni 3 giorni è vittima del femminicidio, e non del «delitto passionale» di
cui parlano i media.
Nel 2011 ben 127 sono state donne assassinate, quasi sempre dal marito-compagno
o dall’ex che non accetta il rifiuto. Il possesso muove lo stalking, infatti
nel 55% dei casi è agito da un ex, per quella «cultura arcaica e patriarcale»
dura a superare, spiega la regista, «per cui le donne sono oggetto di possesso
come un’automobile. Anche il nono comandamento dice: “non desiderare la donna
d’altri” come la “roba”».