SARAJEVO: Il primo cappello
ovunque, anche tra le viuzze più appartate.
tra le scarne tende dei negozietti, l’ombra era un miraggio. E io, che non
avevo mai indossato un cappello, accarezzavo quell’idea come geranio assetato.
era contrastata dalla certezza che mi avrebbe reso ridicola.
gambe negli angusti bazar colmi di ogni
stramberia, la mia testa reclamava un riparo. Trovava invece tappeti polverosi,
zuccheriere smaltate, penne a forma di bossolo di bomba, portacenere in onice.
Difficile perfino respirare in quell’aria secca.
conduceva ad una moschea.
alzava, si abbassava, si stendeva, al ritmo di litanie scandite dagli stessi,
infiniti versi. A sinistra le donne, a
destra gli uomini.
fila ordinata di scarpe, ciabatte e sandali di ogni misura, attendeva non so cosa. Un po’ come me, ipnotizzata dalle
movenze dei fedeli in preghiera.
chiamare.
straniero e dalla o stretta.
sotto due piccoli occhi azzurri che guardavano proprio me.
sessant’anni sembrava di celluloide. Era dolce mentre mi salutava con un inchino
appena accennato.
stonava con il vestito lungo, rosa,
dalla scollatura a barchetta.
risposi. “Di dove?” “Di Venezia”. “ Io
lavorato tanti anni a Milano come guida e…”.
scorrette ma non ne seguivo il senso. Di
lei mi interessava soltanto il cappello bianco che portava sulla testa. A falde
larghe e traforato, rifletteva le geometrie su tutto il candido collo.
una Barbie attempata.
accompagnava i gruppi serbi in Italia.
lavoro in Serbia. Quelle guide giovani hanno studi. Io no. Io vecchia”.
“Mi dispiace” le dissi.
lei turco? Bene caffè normale?”
più veloce per stare al passo con la mia guida ed il gruppo. Lei mi
seguiva, come un simpatico segugio.
a scaricarla!”
chiese dopo un monologo di mezz’ora.
come il suo?” le chiesi.
grazie”.
attimo era sulla mia.
Falce di luna il sorriso della signora.
dirmi.
una volta ritrovata la voce.
per favore?”
ad indietreggiare con prudenza.
dita della mano aperte, mi salutava.
anziana, con una leggera gobba.
corpo.
elegante, spariva tra la folla di un’altra moschea di Sarajevo.
comprato?” mi stava chiedendo una signora del mio gruppo.
quanto possa essere nobile la miseria” spiegai.