2020, addio! 31 dicembre 2020
Caro 2020, per salutarti al meglio, ti scrivo.
Ti eri fatto conoscere sotto i migliori auspici, come si conviene a un anno nuovo di zecca. Il tuo viso era emblematico, però. Già a gennaio, qualcosa sembrava stonare. A febbraio, hai mostrato un viso strano, confuso da toni e parole sconosciute: pandemia, coronavirus, morti solitarie. Ci hai immersi in lockdown ripetuti: stop ad attività, viaggi, scuole, abbracci. Ridotti all’osso gli spostamenti da casa e obbligo di mascherine. Così, fino all’estate. Una breve pausa ristoratrice, pur collegata a regole ferree, e poi il tuo ritorno, a fine ottobre.
Hai colorato l’Italia di rosso, giallo, arancione e imbavagliato il mondo. Scuole chiuse e lezioni a distanza, a parte quelle dei più piccoli. Serrande abbassate, ovunque. In casa, in casa, era l’ordine tassativo. Anche a Natale e Capodanno. E, sì, ci siamo, all’ultimo tuo giorno, caro 2020! Accanto ai rimproveri, però, mi sento di dirti grazie. Perchè ci hai messi di fronte a un muro – fatto di paure, morte, crisi economica e sociale – consentendoci di fermarci dal troppo che eravamo e avevamo. Su quel muro, oggi, ognuno può lasciare un segno, una parola, un cenno di vita. Il mio è gratitudine. Per cosa? Per tutto ciò che mi hai permesso di dare alla luce: 77 fiabe – una al giorno nel primo lockdown e 25 a dicembre, aspettando Natale – un libro, “Nonni” e “Un anno da fiaba” che uscirà a primavera 2021. In più, grazie alla tecnologia, l’opportunità di studiare e confrontarmi sulle cose che mi sono sempre state a cuore, tra cui la buona scrittura, la grafologia, la lingua inglese, per me davvero ostica.
Mi dispiace per i bambini che hai visto nascere con la mascherina. Hanno paura di un viso, non conoscono le bocche, i denti, i sorrisi! Mi dispiace per gli adolescenti, i giovani, orfani di sogni concreti, delle emozioni dei primi amori e delle legittime vie di fuga. Mi dispiace per chi il Covid ce l’ha ed è in isolamento, per chi sta in ospedale o in casa di riposo e non può ricevere visite, per chi in ospedale muore, solo, per chi ha subìto danni causa terremoti e maltempo. Oggi, l’Italia è tornata di colore rosso. Vuol dire che ristoranti e bar sono chiusi, non si può uscire dal proprio comune, si indossa la mascherina e si mantiene la distanza. Proibiti i baci e gli abbracci, come da prassi. Il massimo consentito è la “gomitata natalizia”. Siamo in Lockdown, come già successo a Natale e in vari mesi precedenti. Coprifuoco dalle 22 alle 5.00. Il primo giorno del 2021, fino alle ore 7.00.
Ecco, caro 2020: ti salutiamo così, senza abiti da sera, senza botti, nè cenoni. Ognuno da casa propria.
Se qualcuno, tra qualche anno, ci chiedesse come stavamo con te, cosa risponderemmo? Dipende. Personalmente, direi che mi sia andata bene. A oggi, non ho preso il Covid, nè ho perso qualcuno della mia famiglia per questo. E’ tanto, tantissimo, ne sono consapevole. Ho obbedito alle regole, è da marzo che lo faccio. Ho cambiato totalmente le mie abitudini che mi vedevano in viaggio, in eventi, socialmente attiva. Tutto azzerato, come l’azienda della mia famiglia che organizza viaggi. Nella bilancia c’è sempre un attivo e un passivo. Il positivo sta nel fatto che ci è dato vedere l’alba di un nuovo anno, il 2021. Non immagino grandi cambiamenti, almeno nella fase iniziale. Per alcuni, la speranza si chiama vaccino. Per me si chiama fiducia nella Vita che, nonostante tutto, va avanti, a braccetto con la natura, spietata e meravigliosa. Senza bavaglio, nè sottomessa a ordini dall’alto, almeno lei!