ZANZIBAR… DOVE SOSPIRA L’OCEANO 1-9 novembre 2016
Sul fianco destro dell’Africa si appoggia l’isola di Zanzibar. Moneta: scellino. 2mila scellini, un euro.
Il nome deriva da “Zengibari” o Terra dei neri. Un milione di abitanti che parlano lo Swaily, l’arabo e l’inglese. Alcuni anche cinque, sette lingue. Persone che sorridono sempre, perchè il poco che hanno per loro è il giusto. Gli zanzibarini sono tutti amici, si aiutano, non fanno differenze. “Hakuna matata” il loro motto. “Non c’è problema, non preoccuparti” e “Pole Pole” o “Piano piano”. “Poa” o “Bene”. Qui l’Oceano indiano inspira ed espira ogni sei ore, cambiando fisionomia. Per sei ore si ritrae lasciando all’aria la sabbia di borotalco e per altre sei ore riempie d’acqua i polmoni azzurri. Sparisce e ritorna, come viandante che smarrisce la strada e poi la ritrova. Candido borotalco quando inspira. Calda piscina verde smeraldo quando espira. Siglando il ritmo eterno del tempo.
2 novembre 2016: Ore 11.00: Arriviamo all’aeroporto di Zanzibar. Caldo. Valigie portate a mano. File per la foto, impronte digitali di tutte le dita di enrambe le mani, pagamento tassa ingresso di 50 euro o 53 dollari o carta di credito (preferiscono gli euro) per dirigerci poi al SETTEMARICLUB MAPENZI BEACH VILLAGE a 45 Km.- Villaggio internazionale con animazione SETTEMARI. Sobria, non invadente. Atmosfera tranquilla, senza musica che sconcentra, silenzi molto apprezzati.Cordialità nel “Jamboo mambo” “Ciao, come stai?”
Profumo di spezie, passeri, merli in concerto, piccoli uccelli verde-giallo indaffarati a costruire nidi. Case di fango o di mattoni, i “Dadala ” o autobus dove si crica di tutto. Fin che si sta.
3 novembre 16: Tuffo in un mondo a parte quando andiamo al villaggio dei pescatori dove entriamo in una scuola corrispondente alle nostre dell’infanzia e primarie. 50 bambini per ciascuna insegnante che educano senza strumenti se non la mente e il corpo. Bambini svegli, attenti, felici.
4 novembre 16. ALBA SUL MARE: Occhi a distesa libera vogliono partorire il sole. Oggi.
Nuvole nere e aggrovigliate gli fanno coperta scura. Lui esce con braccia
di luce in manette. Le nuvole gliele tagliano. Lui esce dalla loro testa di
mostri imbiancando il mare. Sembra soccombere ma per poco. Dalla testa
della nuvola mostro spunta di nuovo. Invano. Non si arrende. Tenta. Ritenta. In
una lotta contro le ombre. Sembra arrendersi a una giornata di oblio.
Nuvole arrabbiate gustano la vittoria è riposano. Ecco il suo rifarsi
strada verso la luce. Spinge spacca scuote e come guerriero all ultimo sangue
spinge corre rimbalza. Ce la fa. Sento il suo calore arrivare sulla pelle. Non
lo vedo ancora ma so che c è. Dietro la prigione di nera bambagia. Che si
arrende al suo coraggio. Nasce così oggi il sole zanzibarino. Mi scalda il
viso. E giovane ma forte e deciso. Un altro giorno di luce e calore. Il suo
natale e oggi. Il sole è nato per me
5 nov 16: Escursione a NAKUPENDA ( in swahili amore…ti amo”) e PRISON ISLAND o Isola delle tartarughe o Isola Changu (dentice)
Le tartarughe di terra furono importate dalle Seyshelles (4) come regalo del governo. Oggi ce ne sono 120 e mangiano spinaci. La più vecchia ha 192 anni, una di 158. Possono vivere fino a 250 anni. Le tartarughe depongono le uova sotto terra e poi le abbandonano. Dopo tre mesi nascono ma non conoscono mai la madre.
NAKUPENDA o ISOLA che NON C’E’ perchè l’alta marea la copre per sei ore. Sabbia di borotalco. Qui, lontano da tutto, la perfezione chiede udienza. In premio il silenzio. Solo i turisti in lontananza attendono il cibo. Forse per questo il sole si nasconde… M’ invento una parentesi solitaria. Gambe incrociate, vento negli occhi, la penna che costruisce parole dettate dalla gratitudine. L’Isola che non c’è attende che il mio canto si liberi dalle catene della civiltà e delle etichette. Manette per la sua anima!
Pranzo a base di specialità locali, aragoste, polipi grigliati e altre meraviglie.
8 novembre 2016
L’oceano si fa turchese, verde smeraldo, con riga muschiata all’orizzonte. E’ la barriera corallina. Eserciti di uccelli multicolori cantano il concerto della vita, sotto le braccia del sole amico e risoluto. Fenicotteri mi osservano, aspettando i pesci prigionieri della bassa marea. Una donna vestita di nero cammina al largo. Sparisce e riappare. La cesta colma di polipi. Masai come stecchi rossi aspettano a riva. Bambini di mogano chiedono un dollàro. Abbassano gli occhi, delusi dal silenzio scosceso. Ora l’Oceano dorme. E’ color latte, come la mia pelle.
Barca a vela, accompagnata con padronanza saggia e buona. L’Oceano ora ha rilasciato l’acqua caldissima e trasparente. Il fruscio della grezza barca di legno vissuto accarezza l’Oceano, la vela rattoppata da amorevoli mani fa ombra.
9 nov 16: Ultimo giorno: Ore 6.00: Tutto dorme ancora ma non il sole che ha già acceso il braciere. La canzone dell’Oceano ha le stesse, ripetitive, note. Jambo Jambo Mambo… poa poa… Ciao come stai…bene bene. Buongiorno sole Zanzibarino. Un’altra giornata mostra la sua pagina bianca, da scrivere con i colori della gioiosa serenità di questi luoghi.
Perché scegliere Zanzibar e non altri tasselli di.mondo?
Perchè qui c’ è
gioia. Quella semplice mai complicata. Quella che canta “hakuna matata” … non c’ è
problema. Perché il poco basta e avanza. Perché si impara solo con la
mente. Attiva e sveglia, fa imparare normalmente
tre, cinque, sette lingue. Senza bisogno di libri, quaderni, computer, satellitari.
Tutto lì… nella mente e nella sopravvivenza che non vede mai nessuno morire
di fame o mendicare. Al massimo i bambini chiedono le pite o caramelle che
ancora qualche turista dà loro senza rendersi conto di minare la bellezza naturale
dei loro denti. Sempre a fisarmonica, candida come perle.
Un Masai mi ha detto “Perchè tu non sei nera come me? Come è il freddo in Italia? Io vorrei venire in Italia per sentire il freddo. Ci sono i leoni da voi? E le tribù?”
ACCADONO COSE CHE SONO COME DOMANDE. PASSA UN MINUTO OPPURE ANNI E POI LA VITA RISPONDE.
Grata alla Vita che mi ha concesso un’esperienza perfetta in un luogo ricco di umanità e di un Oceano subito amico per me che, di solito, evito il mare. Zanzibar, indimenticabile in tutti i suoi colori.
” SANTE SANA ZANZIBAR” o “GRAZIE MILLE ZANZIBAR”.
HAKUNA MATATA
RACCONTO DI VIAGGIO
Zanzibar il cui nome deriva da
“Zengibari” o Terra dei neri. Un milione di abitanti che parlano lo
Swaily, l’arabo e l’inglese. Alcuni anche cinque, sette lingue. Persone che
sorridono sempre, perchè il poco che hanno per loro è il giusto. Gli zanzibarini sono amici, si aiutano, non
fanno differenze. “Hakuna
matata” è il loro motto. “Non c’è problema, non preoccuparti” e
“Pole Pole” “Piano
piano”, “Poa”
“Bene”. Qui l’Oceano
indiano inspira ed espira ogni sei ore, cambiando fisionomia. Per sei ore si
ritrae lasciando all’aria la sabbia di borotalco e per altre sei ore riempie
d’acqua i polmoni azzurri. Sparisce e ritorna, come viandante che smarrisce la
strada e poi la ritrova. Candido borotalco quando inspira. Calda piscina verde
smeraldo quando espira. Siglando il
ritmo eterno del tempo. Masai e Beach Boys, in gran quantità ma simpatici, vi
passeggiano salutando i turisti.
Impossibile non rispondere al loro cenno. Impossibile non farne
conoscenza. Mauro Bravo, Marco Simpatico, Simba… sono alcuni dei loro nomi,
ripetuti con gesti cortesi e richiesta di comprare nei loro negozietti. Cosa
impossibile da non fare. Ogni sfumatura d’ebano è in passerella. Profumo di
spezie, passeri, merli in concerto, piccoli uccelli verde-giallo indaffarati a
costruire nidi. Case di fango o di mattoni, i “Dadala ” o autobus
dove si carica di tutto. Fin che si sta. Ovunque tanta cordialità nel
“Jamboo mambo” “Ciao, come stai?”
fango e, quelle dei benestanti, di mattoni, messi uno sull’altro in base ai
soldi a disposizione.
la mente fervida, attiva, sveglia. 50 bambini per ciascuna insegnante che educa
senza strumenti, solo con la voce, il canto, la passione. A bambini attenti e felici.
il sole.
giorno, nuvole nere e aggrovigliate gli
fanno coperta scura. Lui esce con braccia di luce in manette. Le nuvole gliele
tagliano. Lui fa breccia dalla loro testa di mostri imbiancando il mare. Sembra soccombere ma per
poco. o Spinge di nuovo. Invano. Non si arrende. Ritenta. In una lotta contro le ombre. Sembra
arrendersi a una giornata di oblio.
il suo rifarsi strada verso la luce. Spinge, spacca, scuote e, come
guerriero all’ ultimo sangue, corre rimbalza. Ce la fa. Il suo calore arriva
sulla pelle. Non lo si vede ancora
ma c è.
Dietro la prigione di nera bambagia. Che si arrende al suo coraggio.
Nasce così il sole zanzibarino. E’ giovane ma forte e deciso. Un altro giorno
di luce e calore. Il suo Natale è oggi.